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Commissione Europea - Rappresentanza in Italia
Fondazione Ugo Bordoni - Roma
Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale - AICPI

IDENTITA’ E DIVERSITA’ DELL’EUROPA 
L'integrazione comunitaria nelle prospettive del
servizio pubblico crossmediale



RAI SALA MUSEO DELLA RADIO E DELLA TV
Via Verdi 16 - TORINO

2011 63.ma edizione

19 SETTEMBRE 2011 - ORE 9.00 - 14.30

II. LE SFIDE DELLA RETE PER LA CREAZIONE DI
UN NUOVO "SPAZIO PUBBLICO"
IN AMBITO LOCALE, NAZIONALE ED EUROPEO

Un'iniziativa di Infocivica in vista di una Conferenza Europea su

I MEDIA DI SERVIZIO PUBBLICO
NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE E DELLA CONOSCENZA

SEMINARIO APPROFONDIMENTO RAPPORTO 2

Riarticolazione dell'offerta, presidio locale globale,
politiche connesse di produzione
e acquisizione dei diritti in ottica crossmediale

Relatore Prof. Emili Prado, Università Autonoma di Barcellona

DOSSIER IN TEMPO REALE

(per l'aggiornamento premere saltuariamente F5)

[09:29:02] Saluti di apertura

Giovanna Milella, Segretario Generale Prix Italia

Ha aperto i lavori Giovanna Milella che ha sottolineato l’importanza di questo appuntamento all’interno del Prix Italia: è un seminario, ma soprattutto un percorso costruttivo. Importantissimo proprio perché affronta il tema della crossmedialità a cui anche il Prix Italia sta prestando particolare attenzione. Così come alla necessità di rifondare il servizio pubblico.

Moderava Giampiero Gramaglia che ha passato la parola a Piercarlo Sommo, Consigliere Nazionale Comunicazione Pubblica. Questi ha sottolineato come la struttura con cui collabora da sempre vigila sul valore della comunicazione nel pubblico. La sua esperienza, focalizzata sulla comunicazione in ambito del Servizio Sanitario Nazionale, dice che la comunicazione è fondamentale per il buon funzionamento della Sanità stessa. In questo momento storico il Servizio Pubblico non può essere più solo televisivo, ma necessariamente cross-mediale.

[09:35:36] È intervenuto in collegamento telefonico da Madrid Pedro Soler Rojas, animatore del Forum Teledetodos. Un Forum che si occupa delle trasformazioni a livello locale e internazionale: esplora le idee e compie ricerche attraverso gruppi sociali. Hanno la collaborazione delle Università e un gruppo di lavoro che organizza seminari e relazioni. Per un totale di oltre 700 persone che collaborano.
In questo contesto sociale anche Teledetodos ritiene che il servizio Radiotelevisivo debba essere accessibile a tutti e vada preservato il ruolo del servizio pubblico nell’ambito delle telecomunicazioni. Da qui la collaborazione aperta con Infocivica.
Nell’epoca crossmediale, la rete è destinata a raccogliere contributi pubblici. Fondamentale che il servizio pubblico sia portato avanti da professionisti seri che garantiscano la correttezza e completezza dei contenuti.

Saluto di Piero Fassino, Sindaco di Torino

[09:40] È intervenuto il Sindaco Fassino, accolto da Giovanna Milella e da Giampiero Gramaglia. Fassino ha portato innanzi tutto i saluti della città, molto diversa da quella che conoscevamo. Non più solo una città di fabbrica, ma anche una città di servizi terziari, di cultura, di università. Fattori che hanno cambiato l’identità di Torino, aprendola a diversi stimoli. Questa città così trasformata è fra le prime ad aver capito che cambiamenti di questo tipo sono collegati anche a mutamenti radicali dei linguaggi. In un mondo caratterizzato da tanta interdipendenza, la dimensione della comunicazione è fondamentale. Centrale diventa tentare di trovare un linguaggio che possa essere comune. E oggi abbiamo una comunicazione comune, ma non ancora una cultura comune. È questa che va costruita. Proprio per superare le differenze e i conflitti. Abbiamo una storia alle spalle che segna l’identità dei popoli. Molto è stato fatto nella linea dell’avvicinamento, ma ancora molto resta da fare. Da qui l’importanza di operazioni culturali come questa che vanno nella linea della costruzione di una comunicazione radiotelevisiva comune.


[09:55:03] Giampiero Gramaglia ha sottolineato, dell’intervento del Sindaco, come la maggiore conquista dell’integrazione europea sia quella della Pace, importantissima dato che le generazioni che hanno vissuto le guerre mondiali stanno scomparendo.

Gerardo Mombelli, nel portare i propri saluti, ha sottolineato che siamo consapevoli della complessità delle diversità economiche, politiche e culturali. Allo stesso tempo siamo convinti dell’importanza del tentativo di Infocivica anche ambizioso proprio perché vuole arginare la tentazione, propria dei tempi di crisi, di esulare da temi considerati da molti secondari.

Sintesi preliminare dell'intervento

 

GRUPPO EUROPEO DI TORINO
SEMINARIO DI APPROFONDIMENTO RAPPORTO 2

 

Presiede e modera: Giampiero Gramaglia - Consigliere per la comunicazione Istituto Affari Internazionali, Roma

Sintesi preliminare dell'intervento



Presentazione delle Conclusioni del Rapporto n. 1 Philip Schlesinger, Università di Glasgow, La trasformazione della società e della radiodiffusione di servizio pubblico

[10:10:57] La parola è passata a Philip Schlesinger. Il professore concorda sul fatto che sia fondamentale arrivare un linguaggio comune. Vuole sottolineare alcuni cambiamenti radicali della situazione che ci circonda. La crisi è la parola giusta per descrivere globalmente la situazione. Una crisi che tocca che tocca tutti i settori. Che ha come conseguenza una rinascita nazionalistica. Bisogna ricordare in questo momento perché è nata l'Unione Europea. La digitalizzazione ha portato grandi cambiamenti, contemporaneamente la crisi comporta una difficoltà per i media di adeguamento. Un'altra sfida è quella di un ritorno ad dimensione pubblica dei media. Così come la costruzione di contenuti europei condivisibili. Bisogna vedere se i media sociali possano costituire una via d'uscita per il problema, cosa che non crede sia possibile. Sicuramente stiamo andando incontro ad una disimediazione. I media di servizio pubblico possono riformarsi per far fronte alla situazione? Per pensare anche ad un ripensamento della funzione pubblica dei media. La rivoluzione digitale ha indubbiamente ha portato ad una creatività, ma quanto possa essere libera da questioni commerciali è difficile capire. Ha ricordato a questo punto sei punti su cui si è sofferamto con Sorice nel suo rapporto. Innanzi tutto viviamo una stagione di neoliberismo di fronte al quale non esiste nessun progetto politico alternati. C'è poi il problema delle modalità adeguate di finanziamento del servizio pubblico, rispetto al quale la salvaguardia del canone risulta sempre meno convincente. Viviamo – questo il terzo punto- in un'era di concorrenza nella quale le grandi concentrazioni nel mercato privato guidano l'assedio contro gli organismi e le istituzioni di servizio pubblico. quarto punto: Non è possibile discutere del futuro del servizio pubblico senza prenderne in considerazione i regimi regolatori. Essi indubbiamente variano in maniera rilevante. nell'attuale contesto dominante neoliberale, la deregolamentazione si sta largamente imponendo. Gli organi di regolamentazione costituiscono d'ora in avanti un importante campo di battaglia - al di là dei principi e degli interrogativi su dimensioni, finalità e raggi di azione – sia per gli Enti che regolamentano sia per coloro che sono soggetti alla regolamentazione. Il punto precedente ne ha come corollario un altro. Quella che in altri termini viene definita la questione dell'autonomia politica. Ultimo punto: in definitiva uno degli elementi-chiave che possiamo ricavare è costituto dal valore della comparazione. Gli interventi della Commissione europea nei confronti degli aiuti di Stato colpiscono l'attività di radiodiffusione nei diversi Stati membri? Il metodo comparativo consente in ultima istanza: l'identificazione delle migliori pratiche e soluzioni ai problemi correnti – quali metodi convincenti per iniziative di mercato adeguate per un nuovo servizio pubblico e infine, la comprensione analitica delle differenze fra i servizi pubblici in aderenza con le loro particolarità nazionali.

Rapporto finale Gruppo di lavoro n. 1


Emili Prado, Università Autonoma di Barcellona, Relazione introduttiva Rapporto n. 2 Riarticolazione dell’offerta, presidio locale globale e politiche connesse di produzione e acquisizione dei diritti in ottica crossmediale.

[10:20:27] – La parola è passata quindi ad Emili Prado che ha affrontato il tema Riarticolazione dell’offerta, presidio locale, globale e politiche connesse Di produzione e acquisizione dei diritti in ottica crossmediale. Prado ha innanzi tutto voluto ricordare che la sua è una ricerca avviata, ma non ancora conclusa.
Ha ricordato che in questo momento storico stiamo vivendo la convergenza di due rivoluzioni in corso, peraltro non complete, quella della rete e quella della digitalizzazione, rivoluzioni che  impongono molte sfide ai mezzi di comunicazione e in particolar modo alla Televisione.
I problemi generali del mezzo (la frammentazione dell’audience, la scarsità dei contenuti originali generati in maniera industriale, i contenuti generati dagli utenti, le nuove forme di distribuzione e accesso ai contenuti, la delocalizzazione e desincronizzazione del consumo, le nuove forme di distribuzione) sono problemi che riguardano la globalità della televisione come industria e, in modo specifico, il Servizio Pubblico, che trova in questo stato delle cose alcune sfide specifiche, per raggiungere gli obiettivi tradizionali, specialmente quelli legati al servizio pubblico che riguardano in maniera specifica la capacità di essere uno strumento efficace per la generazione di consenso, per lo stimolo della coesione sociale, per la produzione dell’identità e per lo stimolo della partecipazione dei cittadini ai processi sociali e politici. Di fronte a queste difficoltà si impongono due atteggiamenti. Il primo annulla la televisione come mezzo di comunicazione e, pertanto, la sua efficacia nella realizzazione delle sue funzioni. Il secondo atteggiamento, generato dalla fascinazione dell’avvento della rete, muove verso le forme di comunicazione in rete, le sue manifestazioni audiovisive e specialmente i social network.
La speranza, quindi, è quella che lo stato delle cose faciliti la realizzazione delle funzioni sociali e democratiche che erano prima nelle sole mani della radiotelevisione pubblica. Entrambi gli atteggiamenti sono negativi per la legittimità della sopravvivenza dello stesso concetto di Servizio Pubblico. Il primo perchè se la televisione non sopravvive come mezzo, insistere a conservare la televisione pubblica sarebbe un anacronismo. Il secondo perchè se la rete è di tutti, e i cittadini hanno il potere su questi strumenti di comunicazione, diventano padroni delle dinamiche di produzione dei contenuti, con una sovrabbondanza di mediatori, specialmente di mediatori pubblici.
I primi sostengono con determinazione la propria teoria, malgrado palesemente smentita dalle cifre. La televisione come mezzo de comunicazione continua ad essere presente in maniera importante nel menu del consumo mediatico in tutto il mondo e il tempo che i cittadini dedicano a guardare la tv non smette di aumentare. A questo si dovrebbe aggiungere: da una parte, il consumo delle nuove forme di televisione e la televisione consumata attraverso altri tipi di schermi, diversi dal televisore; dall’altro il fatto che la misurazione dell’audience non viene raccolta adeguatamente, e che gli esperti si ostinano a ignorare il problema. Questi ignorano infatti due fattori:
1 - la comunicazione audiovisiva nella rete ha bisogno di una connessione a banda larga e, non appena si aumenta il grado di soddisfazione dei contenuti e la qualità tecnica dell’immagine, aumentano anche i requisiti minimi di larghezza della stessa per la sua circolazione. E queste pratiche si allontanano dal concetto di Servizio Pubblico o Universale.
2 - I fenomeni di enpowerment non possono sostituire il consumo audiovisivo di origine industriale, ma convivono con loro in parte. Dall’altra, oltre i momenti di esplosione sociale che generano dinamiche spontanee di alto contenuto partecipativo e democratico, tutti i movimenti di comunicazione popolare che si sono sviluppati mediante le tecnologie elettroniche lungo la storia hanno dimostrato che la sua sostenibilità è strettamente legata all’esistenza di dinamizzatori che permettono la creazione di un discorso sociale sostenibile.
Insomma, il Servizio Pubblico non rimane delegittimato a causa delle argomentazioni di nessuno di questi due atteggiamenti, invece la sua esistenza rimane giustificata più che mai considerando le debolezze di questi argomenti. Però giustamente il Servizio Pubblico deve ridefinire non solo i suoi obiettivi, ma anche la forma della loro realizzazione all’interno di questo nuovo scenario.
Un’analisi dettagliata del nuovo ecosistema fornirà la soluzione. Una di queste è quella dei contenuti. L’industria audiovisiva non è stata capace di somministrare dei contenuti originali per riempire i nuovi canali e i limiti dei contenuti generati dagli utenti cominciano ad apparire con chiarezza.
Il Servizio Pubblico troverà la sua ragione di essere nella generazione di contenuti e nel metterli a disposizione in tutti i supporti e finestre, creando sinergie che moltiplicano non solo l’energia creativa popolare, ma anche le risorse legate ai diversi spazi di aggregazione locale, nazionale ed Europea.

Sintesi preliminare della relazione

Parte prima - Il quadro europeo: analisi delle offerte dei media di servizio pubblico

10.15 - Enrique Bustamante, Università Complutense di Madrid. Le offerte in Spagna tra servizio pubblico statale e delle Comunità Autonome (in videoconferenza da Madrid)

È il momento degli interventi dedicati all'analisi delle situazioni dei singoli paesi europei nell'ambito dell'audiovisivo. Il professor Bustamante è intervenuto direttamente da Madrid. L'aumento del pluralismo televisivo è stato il motto all'arrivo nel 2004 del Presidente Rodriguez Zapatero al Governo della Spagna ed è rimasto come grande slogan delle politiche pubbliche nel corso delle due legislature. Per quanto riguarda il servizio pubblico, tale obiettivo è stato attuato con la creazione del Consiglio Indipendente per la Riforma e con la profonda revisione legale democratica della RTVE (radio televisione spagnola) nel 2006. Per quanto riguarda il modello privato, si sono creati nuovi operatori commerciali in analogico (Cuatro y La Sexta), dopo un grande scontro tra i grandi gruppi multimedia privati. Ed è stata progettata una transizione digitale alla DTT portata avanti dalle trasmissioni in chiaro e dalla distribuzione di un gran numero di programmi digitali di ambito nazionale (20 fino all'interruzione dell'analogico dell'Aprile 2010, 32 oggi, più 8 in ogni regione autonoma).

La seconda legislatura del Partido Socialista ha rappresentato un cambiamento radicale sulla regolazione e sulla struttura dell'intero sistema audiovisivo, con una chiara regressione per ciò che concerne il punto di forza del servizio pubblico ed una profonda deregulation della televisione commerciale, che va verso una seria riduzione del pluralismo televisivo. Non sorprende che molti autori abbiano parlato di una “contro-riforma” nel settore dell'audiovisuale. Da una parte, senza tenere conto di quanto avvenuto in economia nel rapportarsi al futuro, si è adottato un nuovo modello finanziario per il servizio pubblico RTVE, partendo dal modello francese di Sarkozy, e concentrandosi sulle tariffe degli operatori della televisione privata e delle telecomunicazioni. Dall'altra parte, è stata liberalizzata la concentrazione del privato, e si sono prorogate automaticamente per 15 anni le licenze private e si è data una lettura estremamente neoliberalista dell'ultima direttiva europea sui servizi audiovisivi nella pubblicità. Il risultato, proprio poco prima dell'annuncio delle elezioni anticipate del 20 novembre, è una profonda diminuzione del pluralismo e della pluralità audiovisiva, sia in ambito pubblico che in quello privato. All'interno della RTVE si vive un'importante crisi istituzionale dopo le dimissioni del Presidente e a causa dell'incapacità da parte dei partiti di maggioranza di nominare un sostituto per più di due terzi del Parlamento. Inoltre le aziende private hanno ritardato il pagamento delle proprie tasse, sia facendo ricorso che riducendo il proprio contributo, provocando cosi una grave situazione finanziaria della RTVE.

Nel settore privato, il modello di proliferazione di canali e programmi si è rivelato rovinoso: nel mezzo della crisi, i 32 programmi digitali nazionali e le loro oltre 250.000 ore di emissione si sono dimostrati insostenibili. Come conseguenza, la Cuatro, è stata assorbita da Telecinco e La Sexta ha avuto un incontro per la fusione con Antenna 3, mentre gli altri canali di minore rilevanza si associano e non sono più in concorrenza (Net TV) o sospendono le loro emissioni (Veo TV). Il panorama privato si sta prospettando come un nuovo duopolio rinforzato rispetto al sistema privato vissuto tra 1995 e 2005, con più di tre quarti del mercato pubblicitario dominato da due gruppi, Telicinco (Mediaset) e Antena 3 (Planeta-Agostini), cui fanno capo otto programmi digitali ciascuno.

L'impoverimento dei contenuti generali, la diffusione di canali tematici fittizzi, la mancanza di servizi interattivi, lo scarso sviluppo della TDT a pagamento... sono elementi parziali di questa degradazione generalizzata. Nel frattempo, in mezzo al clima pre-elettorale, i due partiti di maggioranza non si sono messi d'accordo per nominare il Consiglio Audiovisivo previsto dalla legge. Come conseguenza, la televisione privata viola ogni giorno tutta la normativa spagnola ed europea con impunità totale ed il servizio pubblico non ha uno strumento essenziale per il suo controllo e garanzia. Si profila cosi un sistema audiovisivo ogni volta meno equilibrato e guidato dai capricci del mercato. L'abbandono dei principali fondamenti ed esperienze della democrazia sociale in materia audiovisiva mostra cosi i suoi effetti peggiori.

 

Sintesi preliminare dell'intervento

 

10.45 - Francisco Rui Càdima, Università Nuova di Lisbona. Le offerte dei media di servizio pubblico in Portogallo

La parola passa a questo punto al professor Francisco Rui Cadima che espone la situazione portoghese. Innanzi tutto una notizia, in Portogallo in questi giorni viene annunciato con il nuovo governo la privatizzazione della prima rete televisivo. Questo modello non concorrente con gli operatori privati può essere importante sia per l'incontro con l'idea di Europa della televisione pubblica portoghese. Il che significa la creazione di un secondo mercato europeo.

Ciò che ci proponiamo di presentare nel nostro intervento costituisce una riflessione radicale nel senso che vuole pensare in maniera significativamente diversa le politiche di spesa pubblica e gli investimenti nel campo dei media e dei nuovi media a medio termine.

A breve termine riteniamo opportuno che si tenti di operare una transizione dalla televisione pubblica tradizionale verso media di servizio pubblico (public service media) chiaramente distinti dall'offerta commerciale.

Nel medio termine, la nostra proposta è orientata progressivamente verso un nuovo modello fondato su un sistema multipiattaforma centrato sulle reti NGN nuova generazione, nel quale gli obiettivi strategici, in termini di contenuti, dovranno essere orientati verso la conoscenza e la cultura, lasciando ad altri operatori commerciali  le aree dell'entertainment.

1. Ci proponiamo di fornire una riflessione che sia nello stesso tempo radicale e innovatrice i materia di approccio all'investimento pubblico,  nel medio termine, nel campo dei media e dei nuovi media

A breve termine riteniamo che sia innanzitutto necessario portare a compimento una transizione tra la televisione pubblica di tipo tradizionale e dei public service media  che si distinguano chiaramente dall'offerta commerciale.

A medio-termine, questa proposta si orienta verso un modello inedito che si basa su un sistema multipiattaforma che trova il propria asse portante nelle infrastrutture di rete di nuova generazione. In termini di contenuti, ciò implica che gli obiettivi strategici privilegino i campi della conoscenza e della cultura (nazionale/europea, prioritariamente) ponendoli al centro dei nuovi ambienti del web.

2. Quale nuovo modello e quali strategie possiamo promuovere tenuto conto delle fragilità endemiche del nostro settore mediatico portoghese, ma parimenti delle potenzialità e delle dinamiche di convergenza di un dominio che oggi ingloba i media, le telecomunicazioni e le reti?

Come argomentare, nel quadro di una eventuale – ma altresì sempre più probabile  – riconfigurazione dell'impegno pubblico tradizionale nel settore dei media, a favore di un nuovo ordine comunicativo essenzialmente volto a  carpire le potenzialità dei nuovi media e di Internet?

3. Va oggigiorno esplorato un insieme di nuove dinamiche e di opportunità, tanto più che quella che chiamiamo  l'intelligenza collettiva ci apre le porte di un universo estremamente ricco di risorse rese possibili dai nuovi servizi e dalla cultura che nasce dalle reti .

La prima sfida consiste nell'affrontare questa problematica con una certa distanza  e ciò operando su due piani distinti : da una parte, rispetto alla crisi del sistema mediatico portoghese in sé; dall'altra parte, tenuto conto di una certa chiusura mentale da parte del vecchio settore dei media nei confronti di un insieme creativo e interattivo, tratto caratteristico dell'era dei nativi digitali verso i quali ad esempio, non sono stati in grado di offrire risposte adeguate né  le istanze di regolazione, né le imprese mediatiche tradizionali né tantomeno il servizio pubblico.

4. Per quel che concerne la ridefinizione dell'investimento pubblico nei contenuti della convergenza – ma anche nell'altra prospettiva di riconfigurare il modello dei  public service media  –  un primo interrogativo da considerare è relativo alle potenzialità di un modello strategico di convergenza tra le dimensioni della comunicazione e della cultura e i  digital media  in una logica di integrazione con le industrie culturali e creative, con in ultima istanza l'obiettivo di promuovere la conoscenza della lingua, della cultura, delle arti e dl patrimonio portoghese, nel quadro di una distribuzione ibrida (audiovisivo lineare/internet).

La convergenza deve garantire, da un lato, la presenza o la persistenza "in chiaro" (e in modalità lineare come un continuum) dell'eredità culturale portoghese e dei suoi propri  contenuti pubblici e, dall''altra parte, la promozione e la divulgazione esterna dell'immagine del Portogallo e del suo patrimonio attraverso il ricorso alle strategie emergenti del marketing digitale nel campo della cultura e della conoscenza. Deva anche interessare e aggredire il terreno del turismo culturale, che deve assumersi come una vera e proprio modello alternativo per il consolidamento della memoria, della storia, dello spazio e dell'attualità, sia sul piano interno che al di fuori dei nostri confini.

5. Si tratta già di un'altra logica, che in termini di definizione delle politiche pubbliche è chiaramente "post-mediatica" e si propone di associare il campo della comunicazione con i domini della storia e della creazione nell'ambiente del web al fine di riunire, conoscenza, tempo libero, esperienza, interazione e partecipazione. Come se queste nuove piattaforme di convergenza, fondate su una cultura di  new media e di nuovi ambienti nella rete web, ci invitassero  a immergerci in questa nuova logica in quanto producer, a fare un'esperienza/condivisione dell'evento, delle comunità, del piacere e del tempo libero, delle reti, del capitale sociale, della memoria e della storia.

Per concepire un tale modello politico-culturale e di gestione delle piattaforme e delle reti del dominio pubblico, che si erige su fondamenta al contempo centralizzate quanto il più possibile "leggere" e flessibili – pur disponendo come  supporto di infrastrutture di rete a larga banda di nuova generazione –, risulta  essenziale riconsiderare in maniera assai radicale le decisioni da  prendere nel campo delle politiche pubbliche intersettoriali : la convergenza strategica (delle infrastrutture di rete e  dei contenuti), il modello di gestione e il modello di budget, la formazione e  le risorse umane. La ridefinizione d questi domini ci spinge dunque verso un nuovo inedito  "cluster" – quello dell'economia culturale e creativa – che , nel medio termine, può diventare un disegno nazionale/europeo, in particolare intorno alla  convergenza dei  grandi concetti strategici: eredità e patrimonio storico, città e industrie creative, identità/diversità culturale europea nonostante essa sia sempre più vicina il che richiede malgrado tutto richiede diversi anni prima che possa prendere corpo e si realizzi.

Si tratta naturalmente di una realtà in divenire ma che si può perfettamente realizzare sebbene abilmente consacrata e integrata nella nostra quotidianità. Per certi versi sebbene possa apparire paradossale, questo embrione digitale già esiste nella dispersione e nella frammentazione delle iniziative, dei siti, degli archivi, degli eventi, dei portali che centralizzano l'informazione, etc. Con un po' più di perseveranza e determinazione potremmo verosimilmente disporre in pochi mesi di un sistema integrato pienamente in funzione nell'ambiente WEB.

7) Ma tornando con i piedi per terra dobbiamo d'ora in poi concepire un quadro strategico in base ai principi fondamentali del tradizionale settore dei Media (pluralismo, diversità, indipendenza), oggi qualcosa che assomiglia ad un vero e proprio magma indipendentemente dalla proprie inevitabili escrescenze e dai suoi confini. Ciò nonostante il pluralismo non è sempre considerato lungi da lì, come un tema affidabile o politicamente corretto e ciò malgrado il proprio interesse pubblico primordiale. Per tale ragione (sebbene non è sempre chiaro e nell'attuale e complesso/contesto di migrazione Media / Nuovi Media) si tratta di un argomento rilevante e che non può essere disgiunto da quello della diversità dei contenuti e delle garanzie dell'indipendenza. La pertinenza di questo dibattito si scrive a partire da questo punto a quella che crediamo essere una crisi congiunturale di medio termine nel settore dei media che ormai colpisce anche i nuovi media. Tale crisi inizia negli anni '90 con la percezione della fine dei media tradizionali nel quadro dell'emergere del digitale. Si aggrava nel solco dei quadri normativi e delle misure legislative e governative che servono innanzi tutto agli interessi privati a scapito dell'interesse pubblico. Essa si rafforza alla fine degli anni '90 con la crisi delle così dette DOT COM, con l'esplosione della bolla tecnologica e simultaneamente la riduzione drastica del mercato pubblicitario all'inizio del decennio a partire dal 2000- 2001 . la combinazione di questi due elementi ha colpito in modo sostanziale particolarmente in Portogallo i mercati dei media tradizionali ( stampa , radio e televisione).

8) Per questa ragione in virtù del concatenarsi di questi fenomeni inattesi è stato necessario realizzare vere e proprie ingegnerie del compromesso ( nei sistemi mediatico, economico e politico) che ci hanno portato alla situazione in cui ci troviamo oggi. Il contesto attuale è dunque percepito in modo largamente condiviso come un'epoca di crisi complessa nel settore dei media tradizionali. La pertinenza del dibattito in materia di pluralismo e di diversità rimane dunque di grande attualità. E' rimasto un tema a cui non ci possiamo sottrarre in qualsiasi scelta relativa alle politiche pubbliche. Risulta pertanto essenziale evidenziare due o tre punti decisivi per questo dibattito.

 

 

Sintesi preliminare dell'intervento

[11:13:27] - Matthew Hibberd, Università di Stirling. Le offerte dei media di servizio pubblico nel Regno Unitop, BBC, Channel Four

La parola è passata quindi a Mattew Hibberd che ha parlato della situazione britannica. I servizio pubblico in GB è stato molto complementare.
Negli ultimi 25 anni questa complementarietà si è offuscata. Numerose le crisi che hanno attraversato il mercato televisivo inglese. Una crisi della pubblicità e dei canoni, prorogato fino al 2017. A giugno 2011, Lord Patten, recentemente nominato presidente della BBC Trust, ha sottolineato la sua visione per la BBC in una serie di riunioni e discorsi. La BBC è una delle più grandi organizzazioni radiotelevisive al mondo, ma non stiamo vivendo in tempi facili... e dobbiamo dimostrare come possiamo portare avanti una corporazione di Servizio Pubblico radiotelevisivo con £3,5 miliardi di sterline l’anno. In questo periodo la BBC sta eseguendo un esame accurato di tutte le sue attività di radiodiffusione. L’analisi intitolato Delivering Quality First (Consegnare la qualità in primo luogo) si assicurerà che i servizi di BBC Trust e BBC Executive siano d’accordo su quello che si può salvare, e poi vedrà quali cambiamenti si devono fare nei servizi. I servizi che più probabilmente subiranno dei tagli sono quelli dei canali digitali sviluppati in seguito all’arrivo della Televisione Digitale in 1997. Nonostante i tempi da crisi, Channel 4 si è ripresa dal declino economico grazie all’incremento del reddito pubblicitario nel 2010. I canali digitali annessi all’azienda, tra cui E4, Film4 e More4, hanno reso particolarmente bene. Questo risultato è stato notevolmente buono anche considerando il fatto che il canale ha recentemente sostituito gran parte del suo personale ad alto livello e ha eliminato Big Brother dal suo palinsesto dopo 10 anni di messa in onda. La BBC ha qualcosa da imparare dalla recente ripresa di Channel 4, oppure il fatto che nel 2010 anche Channel 4 abbia ridotto gli investimenti per le produzioni originali del Regno Unito commissionate dai produttori indipendenti, significa che a causa dei persistenti problemi economici è probabile che si saranno ulteriori riduzioni nei prossimi anni? Anche la BBC deve fare adeguate modifiche. Deve rispondere alla crisi economica, al contenimento dei canoni e capire la strada da seguire in future. Il rapporto Delivering Quality First verrà consegnato a breve. Di fatto la BBC sta tentando di ridurre gli stipendi degli alti dirigenti. Ma non è semplice. Dovrà decidere quali saino i suoi servizi principali e rifocalizzare quello che è fondamentale per il suo pubblico. Non dovrebbero essere eliminati i canali principali. I canali digitali peraltro stanno confermando l’audience.

Sintesi preliminare dell'intervento

11.20 - Roberto Suarez Candel, Università di Amburgo. Le offerte dei media di servizio pubblico regionali e le offerte in ambito federale e internazionale.

Le emittenti di servizio pubblico in Germania sono fra le più innovative in Europa. Ne è una prova il loro coinvolgimento nelle più rilevanti e recenti innovazioni tecniche del mercato radiotelevisivo.

In realtà, questa capacità di evoluzione è supportata dalla legislazione, che considera il servizio pubblico un elemento necessario per il sistema dei media il cui ruolo può essere garantito solo se l'innovazione tecnologica è un elemento centrale della sua attività.

Di conseguenza, le emittenti pubbliche tedesche sono state beneficiati dall'innovazione tecnologica, compresa la sfera online, e si stanno sviluppando nuovi contenuti e formati allo scopo di informare, intrattenere ed educare il loro pubblico. Grazie a questo, le emittenti pubbliche tedesche sono ancora leader in materia di share e sono una fonte affidabile di informazione per la cittadinanza.

Il passaggio dall'emissione analogica a quella digitale nella piattaforma terrestre ha portato il lancio di nuovi canali che hanno incrementato e diversificato l'offerta dei servizi pubblici. Inoltre, gli operatori pubblici sono disponibili anche presso le piattaforme satellitari, via cavo e IPTV. E ancora, ARD e ZDF sono presenti anche in iniziative come la WebTv Zattoo. Oltre a ciò, le emittenti pubbliche stanno progressivamente aggiungendo contenuti ad alta definizione alla loro offerta. Peraltro, le emittenti pubbliche tedesche sono molto attive nell'ambito online e delle multipiattaforme. Hanno sviluppato i propri siti web, dove viene offerta una gamma ampia e diversificata di servizi. Particolare attenzione deve essere rivolta ai loro Archivi Media, che permettono agli utenti di avere accesso on-demand ai programmi offerte nei canali pubblici. Inoltre, online sono anche disponibili podcast, RSS e newsletter servizi legati ai contenuti trasmessi. In aggiunta, le emittenti pubbliche tedesche sono molto attive nel campo del social networking. Tra gli altri servizi, hanno sviluppato le proprie pagine di Facebook e i propri canali di Youtube. Un'altro campo in cui le emittenti pubbliche sono molto attive è nella convergenza tra emissione e banda larga. In associazione con l'Institut für Rundfunktechnik (IRT), ARD e ZDF sono collaboratori attivi del progetto HbbTV (televisione ibrida di trasmissione di banda larga). Questa ultima è diventata una delle principali iniziative Europee nel campo dei servizi accessibili via televisione. Come risultato gli operatori dei servizi pubblici tedeschi sono tra i primi fornitori europei di servizi ibridi televisivi. Infine, è anche importante ricordare le attività dei servizi pubblici con riferimento alla progettazione per applicazioni smart-phones e tablets. Dopo avere ottenuto un risultato positivo nel “Three-steps-test”, ARD ha lanciato servizi per smart-phones e tablets. Questo ha generato un accesso dibattito e polemiche nell'ambito dei media tedeschi. Un vero e proprio conflitto con il settore privato.

Importantissimo il ruolo dei social network per la visibilità dei Media. Il Professor Suarez Candel ha anche descritto in dettaglio lo stato dei Media disponibili in Germania (come da PPT). Il gettito economico che viene da tutti i canali mediatici è sostanzioso. Il canone a breve sarà addebitato non più agli apparecchi, com'è naturale, ma ai nuclei familiari. E dovrebbe rimanere buono. Il conflitto fra Media privati e di servizio pubblico è sicuramente importante soprattutto dato l'ampliarsi delle piattaforme a cui fanno leva i Media di Servizio Pubblico.

Sintesi preliminare dell'intervento

11.45 - Beata Klimkiewicz, Università Jagiellonica di Cracovia. Le offerte dei media di servizio pubblico in Polonia

La situazione Polacca è stata a questo punto affrontata da Beata Klimkiewicz. La professoressa ha voluto approfondire soprattutto l'aspetto culturale che comporta questo tema dei media di servizi pubblico. molte cose sono differenti fra i paesi, ma molte si stanno uniformando proprio grazie alla globalizzazione. Ha citato il modello d'analisi di Joseph Straubhaar che ha sottolineato come l'identità culturale è strutturata in una sorta di strati che si riflettono nella comunicazione mediatica. Due sono gli assi: uno dalla globalizzazione all'individualismo, l'altro dal comunalismo al multiculturalismo.

Il media di servizio pubblico hanno il problema di assorbire i cambiamenti in corso anche in modo pratico. Fondamentale in un paese è senz'altro la visione politica di uno stato; dall'altro la politica culturale di uno stato; dall'altra ancora i movimenti dei gruppi culturali. Ricordiamo che la televisione pubblica polacca è nata in modo molto centralizzato. Come dice Benedict Anderson le culture nazionali e i media nazionali sono strettamente connessi. Malgrado la rivoluzione dell'89, i media in Polonia sono rimasti molto centralizzati. La Polonia protegge la sua produzione nazionale. Le strutture regionali in Polonia sono state create negli anni '50. Allora si pensava che avrebbe lavorato in tandem con quelle centrali. Nel 1994 sono stati creati 11 uffici regionali come enti separati. C'era una specie di canale comune che portava loro a distinguersi dalla televisione nazionale. Eppure non si sono creati contenuti regionali. Nel 2000 nasce la TVP, un canale di notizie 24 ore su 24. Ha quindi analizzato l'audience della televisione polacca, certo influenzata dall'aumento di canali e trasmissioni. Il riconoscimento del servizio pubblico in termini di minoranze linguistiche. La percentuale di programmi in altre lingue è decisamente minoritaria. È in corso un tentativo di globalizzare con TVP i contenuti di servizio pubblico. non un notiziario, ma un canale che fornisce intrattenimento. Una descrizione del disegno strutturale della Televisione Polacca, così come un'analisi della sua programmazione locale e regionale, dei servizi riservati alle minoranze linguistiche e dei servizi globali dimostrano una tendenza costante di centralizzazione. In altre parole, una visione centralizzata dei Media di Servizio Pubblico, accompagnata dal lancio iniziale della TV in Polonia all'inizio degli anni ‘50, non è stata messa in discussione dai fattori di mobilitazione a differenza di altri paesi europei (es. la Spagna, UK).

Sintesi preliminare dell'intervento

 

12.00 - Michele Sorice, Università Luiss di Roma, ci ha parlato dei Media di Servizio Pubblico in Italia.

Negli anni '60 il ruolo della televisione pubblica era pedagogico. Attualmente è evidentemente mutato. Il servizio pubblico dovrebbe avere il ruolo di creare contenuti per tutte le piattaforme. È necessario andare oltre il concetto di servizio pubblico attualmente esistente. Come si configura l'offerta del servizio pubblico in Italia? Ci sono due strade possibili per rispondere a questa domanda. La prima è quella di individuare e catalogare tutti i programmi presenti nei palinsesti e classificare in maniera adeguata quelli che rispondono ai criteri del “public service”. Ma qui si pone un problema di non facile risoluzione: quali possono essere, infatti, oggi i criteri che definiscono l'offerta del servizio pubblico? In realtà il problema è di fatto insolubile, dal momento che non abbiamo più la certezza definitoria sul servizio pubblico, anche alla luce del dibattito fra servizio di interesse generale, servizio universale e così via. La seconda strada per rispondere alla nostra domanda d'apertura si sovrappone di fatto con l'analisi dei fondamenti, delle caratteristiche, delle linee di tendenza del “public service media” come l'avevamo iniziato a delineare nel primo rapporto del Gruppo Europeo di Torino.

In altre parole, analizzare la situazione italiana oggi non è possibile se non considerando l'intero spettro dell'offerta mediale. Concentrarsi sulla televisione – per quanto ancora centrale nei consumi degli italiani – non è più sufficiente; ancora più pericoloso sarebbe concentrarsi solo sul ruolo – pure insostituibile – della Rai. Diventa allora necessario provare a individuare le caratteristiche del sistema italiano della comunicazione. Al tempo stesso, si cercherà di analizzare quali possono essere i vincoli che ancora esistono sulla libertà di accesso alla rete: essa infatti rappresenta una grave ipoteca. Minore libertà di accesso all'informazione significa anche minore qualità e professionalità nella televisione. Per attivare un circuito virtuoso, in altre parole, è necessario abbandonare la prospettiva monomediale a favore di uno sguardo ampio all'intero sistema della comunicazione e al suo ruolo nella tutela del pluralismo e della democrazia. Va studiato l'interesse pubblico nei media di ruolo sociale. La società europea sta mutando. Ci vuole un impegno politico che permetta al pubblico di essere attore. È necessario che il pubblico possa impattare direttamente il dibattito in modo che i media possano trasformarsi. C'è poi la questione della IPT Tv che viene influenzata dai media sociali. Purtroppo anche in Italia la connessione web non è ancora molto veloce rendendo complesso l'usufrutto dei canali digitali. Manca un dibattito scientifico sul servizio pubblico. Purtroppo il dibattito è concentrato su altri temi, dalla par condicio ai contenuti dei talk show. La nostra televisione pubblica è troppo preoccupata a censurare immagini che fanno paura. I media di servizio pubblico dovrebbero garantire l'accesso a contenuti culturali. Una piena partecipazione dei cittadini sarebbe auspicabile e creerebbe una radicale trasformazione. L'Italia è molto lontana dal comprendere il cambiamento in corso. E dall'aprirsi ad un reale pluralismo.

 

Sintesi preliminare dell'intervento

Pausa caffè

DIBATTITO CON INFOCIVICA

Il dibattito con Infocivica si è aperto dopo un brevissimo intervallo con l'intervento di Manlio Cammarata (Direttore Inter Lex). L'iniziativa di Infocivica giunge al suo terzo incontro con il network universitario europeo - riunito a Torino al Prix Italia - affrontando il tema dell'offerta crossmediale e "Le sfide della Rete per la creazione di un nuovo spazio pubblico in ambito locale, nazionale ed europeo”, nell'ambito del progetto "Identità e diversità dell'Europa" avviato in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, la Fondazione Ugo Bordoni e il Salone Italiano della Comunicazione Pubblica e Istituzionale. Bisogna capire quali siano i compiti del servizio pubblico e quale la missione del servizio pubblico.

L'obiettivo è la preparazione da parte del "Gruppo Europeo di Torino" di un Libro verde sul servizio pubblico crossmediale in ambito europeo. Il documento sarà sottoposto all'approvazione nella sessione conclusiva della Conferenza europea prevista a Torino nel novembre 2012.

Il Libro verde dovrà stimolare l'iniziativa delle istituzioni internazionali (Consiglio d'Europa, Commissione europea, Parlamento europeo) in vista di un'azione comune dei Paesi membri per la ridefinizione della natura dei media di servizi pubblico nella società dell'informazione e della conoscenza, nella prospettiva di un'evoluzione del Protocollo annesso al Trattato di Amsterdam.

A quattordici anni dal Protocollo e a dieci dalla "Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione", il quadro generale è profondamente mutato. Si sono diffusi a livello planetario i media digitali, trasportati dalle reti aperte.

Sono nati e si sono sviluppati nuovi modelli di comunicazione e informazione. Quella che negli anni '90 del secolo scorso veniva annunciata come "convergenza" dei media si è evoluta in un ambiente che definiamo "cross-mediale", nel quale i flussi dei media tradizionali si intersecano e si fondono con i nuovi media. Sulla scena è apparso un nuovo protagonista: il pubblico, non più passivo destinatario di contenuti, ma fornitore attivo di informazioni e spunti critici. In questo contesto il servizio pubblico non può più essere solo "radiotelevisivo". Deve diventare cross-mediale, sfruttando l'intero spettro delle nuove forme di comunicazione e divenire sostanzialmente "interattivo". Non più unidirezionale, dalle emittenti al pubblico, e anche oltre l'idea di comunicazione bidirezionale: lo schema della rete, con i suoi nodi, i suoi incroci e la sua frammentazione, deve essere adottato come modello anche per il servizio pubblico. Il Libro Verde dovrà quindi condurre in primo luogo a una visione dei servizi pubblici, in ambito europeo, e anche su scala europea, che rifletta le mutazioni intervenute non solo nelle tecnologie, ma soprattutto nei modelli sociali. Sempre più frammentati e mobili nelle scelte dei canali di diffusione e dei contenuti che sono offerti dai canali stessi.

Tutto questo comporta un ampliamento della "missione di servizio pubblico" con un corrispondente allargamento dell'offerta, che non può più essere limitata ai servizi radiotelevisivi secondo il tradizionale modello di broadcast, ma coprire l'intero sistema cross-mediale in un'ottica di ricomposizione della frammentazione sociale.

Passare dal palinsesto basato sul broadcast all'offerta cross-mediale significa impostare un nuovo assetto organizzativo ed editoriale. Il che comporta, naturalmente, anche diverse fonti di finanziamento.

Si impone quindi una riflessione sulla natura del concessionario – o dei concessionari – del servizio pubblico, delle sue regole di governance e di verifica dello svolgimento dei suoi compiti, in una nuova catena del valore che abbia come riferimento un principio di sussidiarietà (il servizio pubblico deve fare anche tutto quello che i privati non possono o non hanno la convenienza di fare). La domanda di fondo è se il servizio pubblico debba essere affidato a un soggetto pubblico oppure sia da perseguire un'armonizzazione degli intenti fra vari soggetti editoriali che concorrano a realizzare un'offerta aderente ai bisogni definiti sulla base delle trasformazioni della società. Il percorso verso la redazione del documento prevede una serie di incontri aperti ad altri studiosi ed esperti nonché ad osservatori in rappresentanza del Consiglio d'Europa, della Commissione Europea, dell'OCSE, dell'UIT e dell'Unesco.

L'incarico di preparare le linee guida del documento è affidato a un gruppo di lavoro ristretto formato dai Relatori dei quattro Rapporti e coordinato dal prof. Enrique Bustamante Ramirez (incaricato di redigere le conclusioni e una sorta di Documento di sintesi del Libro verde): il gruppo potrà avvalersi dell'assistenza di Infocivica e in particolare di Gianni Bellisario , Manlio Cammarata , Giacomo Mazzone , Andrea Melodia e Gerardo Mombelli. Il risultato dovrebbe essere un nuovo modello, da formalizzare in un documento paracostituzionale come il Protocollo di Amsterdam, in cui si riaffermi l'insostituibilità dei media di servizio pubblico nella società dell'informazione. Non è realistico immaginare a breve termine la sostituzione del protocollo del 1997, ma è possibile una collaborazione tra Paesi membri dell'Unione europea e istituzioni internazionali, sovranazionali o intergovernative per la preparazione di un'iniziativa mondiale da presentare all'Esposizione Universale di Milano del 2015.

Sintesi preliminare dell'intervento

 

12.40 Bruno Somalvico, segretario generale di Infocivica – Rifocalizzare l'offerta reinterpretando in senso orizzontale e crossmediale il trittico di John Reith.

A questo punto è intervenuto Bruno Somalvico che ha aperto il suo intervento chiedendo a chiare lettere al Sistema Radiotelevisivo Nazionale a far proprio il ruolo di Servizio Pubblico.
Negli anni Ottanta nascono le  reti tematiche e pay tv via cavo o , nel caso di Canal Plus , i canali premium terrestri. Il panorama si allarga ed articola garantendo l'avvio di nuove piattaforme distributive (via cavo e con antenne collettive SMATV, e dalla fine degli anni Ottanta con i satelliti ibridi la ricezione diretta da satellite nelle case DTH). In Italia invece l'a-regulation contribuisce ad ingessare la televisione generalista finendo per creare un duopolio perfettamente simmetrico fra offerta televisiva pubblica e offerta commerciale. Fatta eccezione per il primo tentativo di dar vita ad un canale pan-europeo multilingue Rai Sat avviato in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Europea sulle ceneri di Europa Television, si esaurisce definitivamente la stagione della sperimentazione di nuovi formati ed anche di nuovi ritmi e linguaggi narrativi che avevano caratterizzato la stagione del monopolio (Giochi Olimpici di Roma nel 1960), l'avvio di Rai Due dal 1976 al 1980 e della nuova Rai Tre nazionale dal 1986 al 1990 che aveva peraltro progressivamente per i tratti originali “federalisti” della sua fase d' avviato nel dicembre 1979 ed era in qualche modo stata “nazionalizzata” per far fronte alla concorrenza della terza rete commerciale acquisita dal Gruppo Fininvest (creando appunto questa perfetta simmetria fra tre reti generaliste pubbliche e tre reti commerciali).

La legge Mammì non fa che fotografare quest'offerta ipertrofica generalista, impedendo l'avvio di nuove piattaforme concorrenti: il duopolio rivela una profonda fragilità: costi altissimi dei palinsesti, scarsa diversificazione, mancato sfruttamento delle varie finestre di prodotti appetibili come i film o gli eventi sportivi.

L'avvio di tre canali di Telepiù terrestri incrina solo parzialmente questa situazione riducendo progressivamente peraltro il numero dei film diffusi settimanalmente sui canali in chiaro e iniziando ad abituare gli italiani a vedere un'intera partita di calcio a pagamento nel posticipo serale.

Con l'avvento delle prime piattaforme satellitari digitali a pagamento finisce l'era del duopolio pan generalista ma sino alla fusione fra le due piattaforme concorrenti e la nascita di Sky Italia il mercato televisivo a pagamento non decolla. 

Il Legislatore italiano cerca di favorire una politica di innovazione favorendo nel rispetto di nuove e più adeguate norme antitrust, la nascita di una piattaforma “unica” nazionale, tentativo che si rivelerà del tutto vano e velleitario. Fatta salva qualche lodevole eccezione da parte di Tele Più, assisteremo sostanzialmente alla “customizzazione” di canali tematici esteri, ovvero alla creazione di una loro versione italiana mentre altri canali avviati si limitano ad affettare la televisione generalista.

La stessa Rai News 24 nata con un progetto tecnologicamente avanza come fabbrica e punto di snodo dell'informazione in entrata e in uscita (oggi lo chiameremmo un crossmediale)  andrà sempre più configurandosi come un parente povero della televisione generalista, uno strumento per favorire nuovi equilibri politici interni anziché di reale innovazione nell'informazione ai cittadini mentre Sky TG 24 riuscirà progressivamente ad imporsi con la crescita della televisione a pagamento.

Ne La fine della comunicazione di massa uscito nel 1997 invitavamo l'Italia ad uscire dalla televisione generalista verticale e di ricomporre un'offerta generalista ovvero rivolta a tutte le platee declinandola su un mini bouquet con programmazione forte e autorevole di canali generalisti e tematici (questi ultimi meno vincolati alla dittatura dell'audience e in grado di restituire un ruolo sperimentale di apripista: una sola rete nazionale generalista, una seconda rete nazionale a vocazione internazionale di collegamento con la diaspora italiana nel mondo capace di abolire l'effetto minestra riscaldata delle prime proiezione internazionali dei canali di bandiera) una rete federalista che sviluppi sull'esempio di France 3 i décrochages informativi locali, pochi canali tematici (uno educativo, uno di informazione  24 ore su 24, un canale  civico-parlamentare (la nostra proposta di Infocivica ad Amalfi nel 200), un canale del lavoro e dell'economia,  uno di informazione e di eventi sportivi, uno di eventi culturali per la promozione dello spettacolo dal vivo e delle industrie culturali deboli (con possibilità di organizzare formule commerciali originali a pagamento d'intesa con i produttori degli eventi). Proponemmo infine allora un ipertelevideo ovvero un sistema avanzato di teletext che fungesse da guida elettronica dei programmi semplificata in grado di accompagnare anche i meno tecnologicamente alfabetizzati ad entrare in un universo nuovo non limitato all'offerta multicanale lineare ma anche all'universo della rete per accedere a programmi “protetti”, o meglio certificati.

Denunciammo nel 2003 la nuova Babele elettronica venutasi a creare in Italia con la formazione di un triopolio, ovvero di un nuovo duopolio fra due giganti nani (per riprendere l'espressione di Carlo Macchitella), i nostri campioni nazionali Rai e Mediaset e un gruppo globale focalizzato sul prodotto editoriale declinato in vari media e piattaforme distributive News Corporation. Insistemmo sul carattere aperto universale e senza strozzature proprietarie che avrebbe dovuto assumere una nuova piattaforma ibrida di servizi lineari e non lineari e sui rischi di passaggio dalla dittatura dell'auditel alla dittatura della piattaforma verticale di Murdoch (il rombo di Pierre Musso: accaparramento dei diritti a monte e degli utenti a valle).

Nel frattempo con l'inizio del passaggio al tutto digitale l'offerta digitale terrestre ha consentito di allargare la platea multichannel dando vita a nuovi programmi che hanno continuato per lo più ad affettare la tv generalista fatto slave alcune lodevoli eccezioni, mentre il vecchio tentativo di terzo polo attorno alla Sette con qualche utile innesto nei propri palinsesti approfittando della crisi del servizio pubblico, inizia a consolidarsi almeno nell'opinione pubblica e fra le classi dirigenti del Paese. Alla vigilia del completamento dello switch off l'offerta del servizio pubblico si dispiega su un numero molto cospicuo di canali, molti deboli e poco significativi, scarsamente autorevoli. Alcuni si sono persi per strada.

Altri (quelli sportivi e quelli educativi) stanno finalmente assumendo una loro fisiologica: fra tutti spicca certamente Rai Storia che mi pare sembri rispondere pienamente con la struttura di Rai 150 alle aspettative che si richiede ad un servizio pubblico: educare informare e divertire con rispetto dell'intelligenza dei cittadini e non solo per creare delle platee agli inserzionisti pubblicitari: non di tutto di più ma di meglio e più aderente alla missione di coesione sociale di cui abbiamo parlato qui nel seminario dello scorso anno.

La televisione connessa è destinata ad accompagnare progressivamente tutti gli utenti nell'universo della rete. E' un fenomeno ineluttabile destinato ad interessare progressivamente il corpo sociale: la rete diventerà il deposito della memoria storica di una nazione, il luogo della formazione e del lavoro, lo strumento principale di elaborazione anche politica e di decisioni delle classi dirigenti. Il medium prevalente del XXI secolo.  Il servizio pubblico non potrà imporre nulla agli utenti. Potrà imporsi e trovare un “posto al sole” solo rideclinando in maniera autorevole e credibile l'offerta.  

Sintesi preliminare dell'intervento

 

Italo Moscati, scrittore e regista – Memoria storica e Educazione Civica nell'offerta Crossmediale

[12:50:21] Italo Moscati ha quindi affrontato il tema della Memoria storica ed educazione civica nell’offerta crossmediale. Ha ricordato il suo documentario Concerto Italiano e il suo successo a dispetto, quasi, della Rai di cui parla. Che cosa manca alla televisione di oggi? Concerto italiano è piaciuto proprio perché ha suscitato rimorso. Serve il rimorso per quello che non si è fatto in cultura.
Vi è una vera e propria arretratezza culturale nei Media di Servizio Pubblico. Dobbiamo mettere al servizio di tutti i Paesi europei i contenuti di ciascun Paese. La scuola non basta. Le televisioni assumono, pur nella moltiplicazione dei canali e nella frammentazione dei programmi (tutti i programmi), un ruolo importante nella missione educativa (formativa) che già hanno; e di cui spesso non sono consapevoli fino in fondo; un ruolo che però va di continuo aggiornato, portato all’altezza dei tempi. Vi un’assenza di riflessione sulle drammaturgie narrative. È l’unica cosa che ad oggi ha senso. Quello che valeva ieri non vale più oggi. Sia nella scelta dei contenuti che nelle forme. Le televisioni devono essere in grado di fare quello che la scuola e le università non son in grado di fare. Tutti hanno imparato a scrivere secondo modelli che nel secolo scorso sono cambiati, rispetto all’epoca delle aste sui quaderni di scuola. Però nessuno o pochi hanno pensato seriamente ad insegnare com’è costruita una immagine esistente (un quadro, una sequenza di un film o un video) o addirittura come la si costruisce.
Serve un recupero “artistico” delle storie, però i tentativi sono timidi, a volte scoraggianti. Su un punto tutti dovrebbero essere d’accordo: le televisioni devono e possono mettere al centro la missione educativa su basi nuove, con persone competenti, interessate a far capire e mostrare i processi visibili e soprattutto invisibili dei linguaggi delle immagini.

Sintesi preliminare dell'intervento

Andrea Melodia, Presidente UCSI e Vice presidente Infocivica - Ripensare l'offerta informativa per una platea generalista nell'era della frammentazione

[13:08:58] Andrea Melodia ha affrontato invece il tema del Ripensare L’offerta Per Una Platea Generalista Nell’era Della Frammentazione.
Velocità e sintesi, ma anche superficialità e dispersione, sono i nuovi paradigmi della comunicazione. La diretta unidirezionale del broadcasting, conquista del secolo passato, viene sostituita dalla diretta bidirezionale in connessione, conquista del secolo presente. Ora al centro c'è l'individuo, non più le masse. Come raggiungerlo? Nel nuovo modello sarà lui a cercarci, e quindi tutto si risolverebbe nel marketing. Tuttavia non credo che la società di oggi e di domani possa fare a meno di un meccanismo collettivo di chiamata generale, come risposta alle emergenze, alle crisi, ma anche come guida per tutti, filo rosso, strumento di coesione sociale, di senso di appartenenza, di riconoscibilità nella comune famiglia umana come nella frammentazione delle nazioni, delle lingue, delle culture, delle religioni, delle tradizioni locali. Questo è il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, generalista per definizione, istituzionale per mandato, libero e utopico per necessità.
Se si accetta questo obbiettivo, che vede il servizio pubblico come forse solitario sopravvissuto della comunicazione generalista nell'era della frammentazione, occorre governare la transizione aiutando le grandi televisioni generaliste, pubbliche e private, ad entrare nell'era del palinsesto autogestito dagli individui con le carte in regola. Quelle che si salveranno, mantenendo la credibilità da parte degli individui nei nuovi paradigmi comunicativi, diventeranno in qualche modo servizio pubblico. Strada facendo, si dovrà finalmente decidere se questo compito merita certezze di risorse e governance libera, competente e costituzionalmente garantita.
E' più facile elencare gli errori di oggi, in questo percorso evolutivo, che dare consigli. Errori evidenti sono quelli di coloro che cercano di far sopravvivere l'offerta generalista accettando che essa si riduca a servire una generazione di anziani segnati dal digital divide e dalla pigrizia culturale. Che producono programmi lunghi, ingessati, inadatti ad essere riutilizzati in pillole. Che fanno informazione di parte, ottenendo il rifiuto di chi non si riconosce in quella scelta, anziché essere al servizio di tutti e della verità. Che non si rendono conto dell'obbligo impellente di riorganizzare la produzione di informazione audiovisiva partendo dalla immediatezza della rete e non dagli appuntamenti canonici del palinsesto. Che credono che il pluralismo si garantisca armando gli opposti estremismi. Che mescolano politica e spettacolo. Che non sanno coniugare la cultura, la voglia di sapere, la curiosità con il divertimento e la passione. Coloro che riempiono il palinsesto di cianfrusaglie alla moda, acquisite nei mercati dell'usa e getta della comunicazione. Coloro che non sanno provvedere al recupero, alla catalogazione, al riutilizzo e alla valorizzazione di quanto producono attraverso tutti i media possibili. L'elenco potrebbe continuare. Sul fronte propositivo, un solo consiglio mi sento di dedicarlo concretamente alla RAI, che è l'azienda da cui provengo e alla quale devo molto. Accetti il suo ridimensionamento, che non deve essere fatto di insensate privatizzazioni ma di autonoma volontà di tagliare ciò che non è necessario al nuovo progetto. Non aspetti che la politica risolva i suoi problemi, ma lo pretenda: ne ha la forza potenziale. E rimetta la qualità del prodotto al centro delle sue preoccupazioni, i cittadini lo capiranno e le ridaranno quella fiducia che oggi è sempre più incerta.

Sintesi preliminare dell'intervento

13.10  Robert Castrucci, Fondazione Ugo Bordoni - Comunicazione virale e certificazione dei contenuti dei media di servizio pubblico

Robert Castrucci ha posto l’attenzione su un paradosso del servizio pubblico sbilanciato fra funzioni pubbliche e funzioni latenti. Il paradosso è che maggiormente il servizio pubblico ottiene il suo ruolo latente, più viene rifiutato dal corpo sociale. Siamo in un momento storico in cui esiste una grossa crisi dell’intellettualità. Va assolutamente abbandonata l’idea di uno spettatore da raggiungere in modo unidirezionale via broadcast.
La comunità politica intende “educare, informare e intrattenere” le comunità nazionali attraverso le Tv di servizio pubblico. In periodi di crisi di fiducia tra corpo sociale e comunità politica, maggiore è il loro successo su questo fronte (in particolare per quanto riguarda le funzioni latenti, raramente confessate ma sovente messe in atto), maggiore il rischio di distacco da parte del corpo sociale. In particolare nel campo dell'informazione, che rischia di essere percepita come limitata, nel migliore di casi, o come schierata e subalterna al Governo nel peggiore. Concentrandosi a questo punto sulle Audience attive e social networking, l’attività del telespettatore è stata a lungo indagata negli studi sulle comunicazioni di massa. A partire dalla formulazione della “Two step flow theory” di Katz e Lazarslfeld, continuando con il filone dei cultural studies, fino ad arrivare alle più recenti indagini, ad esempio, di Henry Jenkins, emerge in tutta evidenza un ruolo dello spettatore incentrato sulla dimensione della partecipazione. Partecipazione che, in un ambiente tecnologico fortemente convergente e interattivo, si traduce in un’estrema accelerazione dell’attivismo dello spettatore. Inoltre, la nuova composizione sociale delle platee multimediali richiede contenuti e narrazioni fortemente personalizzate e contestualizzate. Il pubblico digitale non rifiuta i contenuti autoriali (anzi, sembra che il fenomeno dell'user generated content, dopo una rapida diffusione, stia andando ad occupare un suo posto nella dieta mediatica comnplementare rispetto ai prodotti professionali) ma si appropria dei contenuti televisivi in forme, modi e tempi non previsti in origine, dando luogo a dinamiche di condivisione reticolare non propriamente prevedibili o progettabili da parte delle emittenti.
Alcuni autori dichiarano finita l’epoca della Tv pedagogica proprio per sottolineare la fine del potere del palinsesto e del boradcaster nel determinare la tipologia e la qualità dei contenuti fruiti dagli utenti. Questo punto riguarda le emittenti di servizio pubblico in particolare, dal momento che il loro paradigma deriva dall’originaria missione di “informare, educare, intrattenere”. Risulta evidente come sia necessaria una profonda revisione delle modalità con cui questa missione possa essere svolta nell’ambiente digitale reticolare, mentre sembra ancora da risolvere il dubbio circa la possibilità di poter continuare a svolgere questa missione tout-court. La rete Internet sta evolvendo verso modelli di fruizione basati sul social networking, dove il potere di influenza degli opinion leader risulta enormemente accresciuto. Il loro ruolo si è accresciuto grazie alla possibilità di estendere comunicazioni di tipo comunitario. Oggi li potremmo definire i "Hub" delle reti sociali mediate elettronicamente. Le audience attive e interattive continuano ad apprezzare contenuti professionali e sembra in via di superamento anche la lunga querelle legata allo sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale. Nuovi modelli di business emergono dalle strategie innovative delle aziende tecnologiche globali (da Apple a Google a Facebook), in grado di offrire una remunerazione ai produttori di contenuti.
Tuttavia, le soluzioni in via di sperimentazione e che sono rapidamente destinate a formare gli standard di fruizione e di remunerazione del prossimo futuro, presentano luci e ombre per le aziende di servizio pubblico. Le luci riguardano la possibilità di ristabilire un contatto con fasce di pubblico che in maniera crescente erano sfuggite alle vecchie forme di trasmissione broadcast, le ombre riguardano almeno due nodi: uno relativo alla catena del valore, l’altro alla dimensione geografica dei mercati. Le aziende che si stanno affermando come nuovi gate-keepers, come intermediari tra contenuto e pubblico sono aziende tecnologiche che, pur non producendo contenuti direttamente, mantengono una forte presa sul pubblico (anche grazie a potenti esternalità di rete) ed esercitano, di conseguenza, una notevole forza competitiva sui produttori di contenuto, comprese le aziende di servizio pubblico. Inoltre, i nuovi gate-keepers sono aziende globali che danno luogo a piattaforme di fruizione planetarie, in opposizione ai vari servizi pubblici confinati a dimensioni nazionali. Il mondo televisivo in generale e le aziende di servizio pubblico in particolare stanno mettendo in campo diverse strategie, in parte incentrate sullo sfruttamento del mezzo televisivo hertziano (ad esempio, con lo sfruttamento degli eventi in diretta e con la creazione artificiosa di eventi, come i reality show), in parte incentrate sull’evoluzione qualitativa del contenuto televisivo a prescindere dalla specifica piattaforma di fruizione (sempre di più fiction e telefilm vanno in questa direzione), in parte incentrate su di una presenza multimediale e post-televisiva in Internet (in particolare per l'informazione giornalistica). Certo è che se le aziende di servizio pubblico vorranno continuare a contribuire a plasmare i valori e i modelli comportamentali delle proprie società di riferimento, dovranno abbandonare le comode rendite di posizione basate su tecnologie e mercati in via di superamento, per concentrarsi su autorevolezza, qualità e reputazione, trovando modi e forme per affrontare il mercato globale da protagoniste.
Non è un compito facile risolvere il rapporto fra la sfera pubblica e le nuove soggettività, perché il ruolo pubblico degli intellettuali (giornalisti, critici, autori, padroni del palinsesto, ecc.) attraversa senza dubbio una fase di forte declino. Qui si inserisce la crisi del servizio pubblico: intellettuale-organizzazione, intellettuale-stato; in crisi some tutte le altre forme moderne di organizzazione dell'opinione pubblica e del consenso.
Robert Castrucci resta convinto che se c'è un ruolo per il servizio pubblico, questo debba essere costituito da un'offerta culturale in grado di vivificare e solidificare le lacere e logore trame della cultura nazionale. Accanto alla personalizzazione e alla centrifuga comunitarizzazione di modelli e contenuti culturali e simbolici lo sforzo dovrebbe essere teso a mantenere un orizzonte condiviso, un'"unico cielo". Non è detto che questa missione vada declinata esclusivamente col broadcasting, anzi. Forme distributive one-to-one o peer-to-peer potrebbero aiutare a diffondere contenuti di qualità presso segmenti sociali molecolarizzati.
Un'osservazione per accennare al fatto che le nuove audience attive e interattive possono rappresentare anche un'opportunità in termini economici, quantomeno per ammortizzare lo sforzo profuso per raggiungere i segmenti di pubblico più molecolarizzati, attraverso il Crowdsourcing. Ma anche per questo è necessario un salto paradigmatico che è culturale e giuridico prima ancora che tecnologico. Penso alla questione dei diritti sulle produzioni, alla possibilità di applicare licenze aperte, che permettano agli utenti di appropriarsi dei contenuti, di modificarli e ricombinarli creativamente e di diffonderli in modo virale.
Ma qui gli ostacoli potrebbero essere ancora maggiori di quanto esplicitamente prevedibile, dal momento che rinviano a istanze di giustificazione dell'esistenza di un servizio pubblico latenti piuttosto che dichiarate. L'ossessione del controllo, riprendendo il paradosso citato in apertura, potrebbe rappresentare la principale ragione della auto-marginalizzazione delle aziende di servizio pubblico.
È ancora incerto se dal punto di vista culturale sia possibile dare vita a un'unico servizio pubblico europeo o a una confederazione dei servizi pubblici nazionali, al fine di rafforzare la condivisione di valori in grado di costituire un unico orizzonte per la debolissima identità europea comune.
Eppure la dimensione europea diviene il campo d'azione minimo, la massa critica indispensabile per affrontare a livello globale la negoziazione dei processi tecnologici, in modo da evitare che i nuovi spazi comuni abbiano le caratteristiche di ambienti privati fondati su tecnologie proprietarie.
Fissare standard aperti e non proprietari dovrebbe rappresentare un compito in capo al servizio pubblico, il cui raggio d'azione (non solo per questo motivo) dovrebbe però essere quindi quantomeno europeo.

Sintesi preliminare dell'intervento

13.20 Stefano Panunzi, Università del Molise – Le nuove frontiere della videocomunicazione: il caso della tele-contiguità

Stefano Panunzi a questo punto ha presentato il suo progetto della Telecontiguità. Il termine tele contiguità indica le ricerche sperimentali e didattiche di ICT (Information Communication Technology) applicate all'architettura ed allo spazio urbano, da me condotte e coordinate, prima ricercatore e docente presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" della Facoltà di Architettura, ed oggi cofondatore della Facoltà di Ingegneria dell'Università degli Studi del Molise, dove ho potuto portare a compimento la realizzazione di un sistema prototipale funzionante di tele-contiguità.
Letteralmente il neologismo tele-contiguità indica, con un ossimoro, la possibilità di rendere percettivamente contigui due spazi distanti, come se fossero separati solo da un vetro, l'immagine teletrasmessa è in scala reale e proviene da un’inquadratura a camera fissa. La particolarità innovativa è la reciproca corrispondenza fra il quadro dell'immagine proiettata e quello dell'immagine ripresa che si offre come una vera e propria superficie di contatto reciproco che, allo stato attuale, potrebbe anche raggiungere la dimensione ella parete di una stanza
Tale sistema, evoluzione naturale della videoconferenza, è un traguardo raggiunto in Italia, esempio unico nel suo genere e assolutamente competitivo a livello internazionale per l'efficacia, semplicità d'uso e l'economicità rispetto a ricerche analoghe nel campo dell'augmented reality, in Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone.
La ricerca svolta dall'Unità dell'Università del Molise nell'ambito della Ricerca PRIN 2006, è stata finalizzata al perfezionamento del sistema di telecontiguità per la creazione di una lavagna interattiva in telepresenza. Il sistema di telecontiguità è la nuova frontiera della telepresenza perché può trasformare una semplice vetrata in superficie di condivisione tangibile per la videocomunicazione.

La tangibilità consiste nel fatto che ci si può avvicinare allo schermo fino a toccarlo, continuando ad essere visti, dove si è realmente e nelle reali dimensioni, senza i limiti di posizione/distanza/inquadratura della normale videoconferenza. Lo schermo “vede” letteralmente, ovvero riprende, cosa gli sta davanti; come uno scanner, l'immagine di ciò che è a contatto con il vetro è in perfetta scala 1:1. Questo consente una comunicazione faccia a faccia alla distanza critica del colloquio naturale, guardandosi negli occhi, come se si fosse separati solo da un vetro, permettendo un contatto reciproco, anche gestuale, in scala 1:1.
Questa originale soluzione tecnologica garantisce la reciproca corrispondenza, tra le due inquadrature ricetrasmesse, costruendo una “quarta parete” comune ai due spazi, in realtà distanti, che li rende percettivamente adiacenti e contigui. Le applicazioni possibili sono innumerevoli, nello specifico campo della didattica progettuale si è sperimentata una soluzione che consente a più persone di parlare, vedersi faccia a faccia, disegnare contemporaneamente uno di fronte all'altro, comporre plastici metà da una parte e metà dall'altra, restando in luoghi fisici diversi.
Il sistema di telecontiguità, pone particolare cura all'allestimento scenografico della superficie di contiguità audiovisiva che può coincidere con elementi dello spazio architettonico e urbano come porte, finestre, vetrine, pareti, facciate, etc. per offrirsi come integrazione dello spazio reale (augmented reality Flavia Sparacino MIT - USA) senza alcuna necessità di oscuramento degli ambienti.

http://www.youtube.com/watch?v=ojJYsZYChYc

Sintesi preliminare dell'intervento

Giacomo Mazzone, responsabile relazioni istituzionali UER-EBU - Il ruolo dell’Eurovisione e le aree della cooperazione fra i media di servizio pubblico nella transizione dal broadcast al broadband

[13:51:39] Giacomo Mazzone è intervenuto su Il Ruolo dell'eurovisione e le aree della cooperazione fra i media di servizio pubblico nella transizione dal broadcast al broadband. Ha aperto con una proiezione realizzata da Nokia sullo stato dei Media ad oggi, che denuncia un forte dirottamento delle risorse dai vecchi media ai nuovi.
Le risorse a disposizione del sistema radiotelevisivo nel suo complesso, quindi, stanno diminuendo o, quantomento, tendono a crescere ormai meno dell’aumento dei costi. C’è un’emorragia di risorse nei sistemi più sviluppati e digitalizzati, dove la convergenza è accresciuta, dal settore radio Tv al consumo di media su internet, che sta conoscendo tassi di sviluppo a due cifre e li avrà ancora per molto.
Questa contrazione delle risorse disponibili tocca, per motivi diversi, tutti gli attori del sistema duale: le tv commerciali, a causa della riduzione della pubblicità; le pay tv, a causa della concorrenza dei sistemi V.o.D. che sono sempre più performanti. Le TV pubbliche, perché lo stato delle finanze pubbliche, a causa della crisi economica mondiale, è sempre più preoccupante.
Gli effetti di questa crisi si vedono in misura maggiore nei sistemi dove la convergenza è già un dato di fatto, ed in misura minore nei sistemi arretrati, dove la convergenza, la diffusione della broadband, la concorrenza fra sistemi di diffusione è ridotta.
L’avvento della TV ibrida, ormai imminente, accelererà questo processo, aggredendo i broadcasters sul loro stesso terreno: quello dello schermo TV. L’impatto rischia di essere devastante, in quanto i broadcasters come la carta stampata prima di noi, non possono competere per questioni di legislazione applicabile e di deontologia con il behavioural advertising offerto dalla pubblicità on line.
Il rischio (già verificatosi) è che le TV commerciali – anello debole del sistema perché finanziate interamente dalla pubblicità - comincino ad entrare in rotta di collisione con le pay (Mediaset premium vs Sky) e diventino più aggressive nei confronti delle risorse pubblicitarie che ancora oggi vanno a finanziare le tv pubbliche. Ecco la spiegazione sistemica della decisione di cancellare la pubblicità sulle tv pubbliche di Francia e Spagna negli ultimi anni.
Ma queste sono soluzioni di corto respiro, in quanto – come dimostrano proprio Spagna e Francia - non tutte le risorse tolte alla tv pubblica finiscono per convergere sulla tv commerciale e comunque, essendo risorse in generale in flessione, non sono in grado di garantire i ritmi di crescita che la tv commerciale ha conosciuto in passato.
La strada della crescita sui mercati esteri e delle sinergie di scala, in Europa, è bloccata dalla frammentazione linguistica e dall’attribuzione delle licenze su scala nazionale. Solo Sky ed RTL sono riuscite a creare una vasta presenza fuori dai confini del paese d’origine, ma esclusivamente in nicchie di mercato. Canal +, Bouygues e Mediaset sono rimaste sostanzialmente confinate in due-tre paesi non di più. Sic stanti bus rebus, è inevitabile che la tensione prima o poi si sposti sulle uniche risorse garantite in questo sistema sotto attacco. E cioè il canone o il finanziamento pubblico.
Le tv pubbliche più esposte sono, nell’ordine, quelle finanziate direttamente dal budget dello stato (Portogallo, Grecia, Olanda e perfino Gran Bretagna); quelle che ancora hanno la pubblicità fra le fonti di finanziamento (RAI e TVP sono le ultime nei 6 grandi paesi); quelle che hanno minor legittimità presso i loro telespettatori (poco viste o poco apprezzate o poco distinte dai competitors privati). In molti paesi il dibattito è vivissimo e aspro e perfino in Europa (l’unica regione del mondo dove esso esiste in forma generalizzata) si comincia a mettere in discussione il diritto all’esistenza di un servizio pubblico radiotelevisivo.
Un’altra delle conseguenze della convergenza è il progressivo allontanamento delle giovani generazioni dalle modalità di fruizione tradizionali della TV: flusso lineare, sul tv di casa, comodamente seduti, in famiglia.
La fruizione della TV oggi è sempre più simile a quella della radio (grazie al digitale): frammentata, on demand, su diversi supporti e persino in movimento. Questo fa si che nelle nuove generazioni la percezione del canone (o di qualsiasi remunerazione del servizio pubblico) venga percepita come obsoleta.
Del resto in una società dove ormai di pubblico è rimasto ben poco (dalla scuola alla sanità, dalle utilities persino all’esercito), non è certo facile difendere un concetto come quello del servizio pubblico radiotelevisivo.
Perfino la Costituzione Europea non parla esplicitamente di Servizio Pubblico (se non per dire che è di competenza nazionale: protocollo di Amsterdam), ma solo di Servizi di Interesse Generale. Uno slittamento semantico che però riduce la centralità dell’obbligo di fornire un servizio pubblico e si orienta verso la concessione di un “servizio universale”, che è tutt’altra cosa.
La sparizione stessa dell’apparecchio televisivo (che era, ma non è più lo strumento unico della fruizione), o la forte riduzione della sua centralità, sono fenomeni destinati a sfidare dalle fondamenta la legittimità del canone come tassa. Chi vede frammenti di tv on line, su I-pod o su I-pad non capisce perché debba pagare una tassa legata ad un apparecchio che non usa più o che, in alcuni casi, non possiede nemmeno piu
Negli USA nel passaggio al full digital nel 2010 è sparito 1-2% di households, che non sono più connessi né alle reti terrestri, né al cavo, né al satellite. Hanno smesso di vedere la TV o semplicemente la vedono con altri sistemi ?
Soluzioni ? Sì certo, numerose. Ma tutte legate alla volontà politica e alla pressione dei cittadini sui loro governi (anche in questo settore più che mai carenti di leadership o con leadership apertamente ostili al/ai servizio pubblico (Berlusconi, Sarkozy, Cameron,…).
La prima è una variabile interna: rafforzare la cooperazione internazionale e lo scambio con i servizi pubblici degli altri paesi. Presi singolarmente i campioni del servizio pubblico in Europa sono dei nani in confronto ai colossi mondiali, ma se riuscissero a mettersi insieme hanno dimensioni che oltrepassano quelle dei gruppi mondiali come News Corp o Warner. E’ possibile ? E’ un’utopia ? Eppure l’esempio dell’UER ha mostrato come fra gli anni Ottanta ed oggi, un certo livello di cooperazione fra servizi pubblici ha dato risultati eccezionali, garantendo un vantaggio competitivo enorme a ciascuna tv pubblica nazionale contro i suoi competitors locali. Oggi purtroppo la dimensione europea non basta più. L’UER dovrebbe fornire servizi e soluzioni su scala globale, perché le sfide ed i competitors sono globali. Ma soprattutto le radio tv nazionali dovrebbero cominciare a pensare più grande ed aprirsi al mondo. Come per l’euro, solo un più forte grado di integrazione può garantire il futuro.
La seconda è una variabile esterna, legata alla politica. In Finlandia l’anno scorso si è cominciato a parlare di Media Tax. Pochi giorni fa in Svizzera si è deciso che il nuovo canone radiotv non sarà piu una tassa sul televisore, ma una tassa imposta a tutti per finanziare la diversità culturale del proprio paese rispetto al mondo e per finanziare la tenuta democratica del paese. Una rivoluzione copernicana, che naturalmente, dovrebbe anche avere un impatto sulle priorità del servizio pubblico nazionale
E in tutto ciò, la politica europea dove sta? Si può parlare di Eurobond senza parlare di un servizio pubblico europeo? Finché avremo media nazionali che parlano e ragionano dentro i confini del paese, avremo un’opinione pubblica che privilegerà gli interessi diretti, di prossimità ed immediati a quelli di lungo termine e su scala continentale. Siamo sicuri che un processo di costruzione europea possa esser imposto contro il comune sentire di cui i media nazionali sono al tempo stesso “edificatori” e portavoce?

Sintesi preliminare dell'intervento

13.50 Gianni Bellisario, Vice Presidente di Infocivica - Dal Broadcast al Broadband. Le sfide pubbliche della crossmedialità (in videoconferenza da Roma)

In videoconferenza Gianni Bellisario da Roma. In un mondo in cui si sta completando al broadband è indispensabile che venga promosso un Servizio Pubblico della Comunicazioni. Malgrado le differenze fra i popoli, le politiche e gli interessi degli industriali. Pena anche la sovranità nazionale.
Da almeno vent’anni si discute di Servizio Pubblico radiotelevisivo in relazione allo sviluppo e capillare diffusione della tecnologia digitale ed alle conseguenti trasformazioni del complessivo settore delle telecomunicazioni.
Se si analizza il fenomeno ponendo al centro della riflessione l’utente finale ed i suoi bisogni consapevoli ed inconsapevoli ci si accorge che quest’ultimo diventa contemporaneamente target e protagonista del cambiamento epocale avviato dallo sviluppo del digitale. La possibilità di interagire innesca, infatti, un processo irreversibile che non si è ancora concluso. Non è più sufficiente quanto stanno facendo i servizi pubblici di tutti i Paese europei.
Nascono e si sviluppano nuove offerte di programmi e servizi che non provengono dal Servizio Pubblico ma sono comunque di pubblica utilità.
La possibilità di scegliere e di interagire contribuisce a poco a poco nel corso degli anni a modificare gli interessi ed i bisogni degli utenti e le loro aspettative nei confronti del Servizio Pubblico che comincia a perdere il suo ruolo di indiscusso punto di riferimento in quanto soddisfa solo parzialmente le aspettative dell’abbonato.
La diffusione della broadband – la banda larga - chiude il cerchio consentendo la realizzazione della convergenza ed obbligando i broadcaster ad uscire dalla nicchia protetta di tipo monopolistico e a confrontarsi con il singolo utente invece che con il dato medio Auditel. I broadcaster pubblici al momento non offrono più - salvo alcuni casi europei – un Servizio Pubblico soddisfacente per i bisogni degli spettatori in quanto poco flessibili nei confronti di un’utenza che è sempre più abituata alla interazione ed alla personalizzazione dell’offerta.
Il problema da affrontare per i broadcaster del Servizio Pubblico non è tanto come riciclarsi sul broadband ma come rispondere ed adeguarsi al profondo cambiamento in corso nell’utenza che è composta dalla quasi totalità della popolazione.
Si potrebbe quindi affermare che la condizione di broadcaster non è più sufficiente per svolgere i compiti del Servizio Pubblico a meno che non si integri con funzioni che non sono un’estensione crossmediale dei programmi radiotelevisivi ma evoluzioni della comunicazione telefonica, della interconnessione broadband e delle possibilità offerta dalle reti digitali di informare, educare, intrattenere ed offrire servizi in armonia con i bisogni di ogni singolo utente.
Di conseguenza i broadcaster pubblici rischiano di trasformarsi in semplici fornitori di parte del contenuto per le grandi organizzazioni mondiali della distribuzione on-line o per nuove organizzazioni broadband di iniziativa pubblica internazionale che si svilupperanno per rafforzare l’indispensabile presenza del Servizio Pubblico nel settore della comunicazione.
Infocivica si è più volte soffermata sul concetto di indispensabilità di un Servizio Pubblico delle Comunicazioni come salvaguardia delle libertà fondamentali. Servizio Pubblico come garante dell’accesso alle reti, libertà di navigazione, libertà di espressione e libertà di accesso alle informazioni senza condizioni e con i relativi oneri a carico di tutta la collettività.
I broadcaster pubblici devono decidere in fretta se vogliono essere partecipi di questo processo o meno.

Sintesi preliminare dell'intervento

 

14.00 - Ugo Cavaterra, Vice Presidente di Infocivica - Dal pixel all’anima e ritorno. Il ruolo del Servizio Pubblico, come Vettore di nuova Forma-Sostanza.

Ugo Cavaterra è intervenuto sul tema Dal Pixel all'anima e ritorno. Siamo immersi in una realtà olografica determinata dalla nostra percezione limitata al 10% dell’udibile e del visibile. Noi stessi creiamo costantemente la realtà in cui viviamo e questo fatto molto più facilmente viene realizzato dai mezzi di comunicazione che, se adeguatamente integrati e convergenti, posso riuscire a far diventare realtà ciò che prima realtà non era.
Attraverso le sinapsi digitali che si propagano nel sistema nervoso della Rete possiamo creare ulteriori intrecci di realtà che interagisco tra loro e alimentano una sorta di stato alterato di coscienza nei fruitori dei vari messaggi, che in questo modo andranno a ricercare tutto ciò che abbia attinenza e che possa suffragare le loro convinzioni, senza per questo controllarne la veridicità.
In questo il Servizio Pubblico o servizio al pubblico può e deve svolgere un ruolo determinante soprattutto nel veicolare programmi e notizie che siano quanto più vicino alla “verità”. Lo si può fare innanzitutto ri-accordando l’Uomo al proprio ritmo naturale, un ritmo che, da qualche decennio a questa parte, difficilmente si manifesta negli esseri umani oramai digitalizzati e in pieno raptus di dipendenza mediatica.
I Valori che hanno visto ogni Civiltà crescere, da quando l’uomo ha messo piede su questo Pianeta, potranno tornare ad albergare nel bagaglio di ognuno di noi soltanto ri-accordando alla giusta frequenza ogni essere umano, ogni sua attività e ogni fruizione di programmi e dai contenuti cross-mediali e/o ipermediali, al multiplo degli 8Hz della Risonanza Schumann. Questa “risonanza” non è altro che il cosiddetto battito cardiaco della Terra e tutto ciò che ne è multiplo è in “accordo” con gli esseri viventi che popolano il pianeta. Ascoltereste un’orchestra con strumenti non accordati? La stessa legge è valida per tutti gli esseri umani se questi emettono una frequenza discordante avremo nei rapporti interpersonali una reazione a catena.
Quindi, a cominciare dall’utilizzo del Diapason scientifico nella composizione e nella emissione della musica, il servizio pubblico potrebbe dare il via a quell’effetto determinato dalla legge fisica della Risonanza che troverebbe applicazione ovunque. Così, invece che frequenze disarmoniche a cui siamo sottoposti giorno e notte, avremmo la naturale fruizione di quelle armoniche nei contenuti che vengono quotidianamente veicolati da tutti i Media.
In questo modo si ristabilirebbe l’equilibrio negli esseri umani che riscoprirebbero i Valori fondanti della società.

Sintesi preliminare dell'intervento

 


14.20 - Carlo Rognoni, Giornalista già vicepresidente del Senato della Repubblica Italiana


Alle conclusioni è intervenuto il Senatore Carlo Rognoni. Ha ringraziato espressamente Infocivica per il coraggio e l’ambizione degli obiettivi. Innanzi tutto quello di ridare all’Europa per un ruolo forte in uno dei campi più delicati. E rilanciare il ruolo del Servizio Pubblico. Incontri come questo del “Gruppo Europeo di Torino” organizzato da Infocivica in contemporanea al Prix Italia, sono di grande utilità. Sono ambiziosi, perché ambiziosa è l’idea di arrivare a un Libro Verde che induca sia il mondo politico sia il mondo imprenditoriale sia la società civile a una riflessione seria e approfondita sul senso e sul futuro dei servizi pubblici.
Siamo nel mezzo di un processo di cambiamento profondo nel sistema dei media. Il nuovo scenario digitale rappresenta una vera e propria rivoluzione. E le aziende di servizio pubblico radiotelevisivo sono di gran lunga le più esposte allo sconquasso in atto. Rischiano di trovarsi al centro di una tenaglia in grado di stritolarle, delegittimarle, emarginarle rispetto alle altre grandi aziende di comunicazione. E non dimentichiamo che in prima linea ormai troviamo le ricche e potenti telco. Questa “tenaglia” ha un braccio che rappresenta l’evoluzione del mercato della crossmedialità e l’altro braccio che rappresenta la politica.
Se questo è vero in tutta Europa, in Italia lo è ancor di più. E gli effetti sono comunque più evidenti. Qui l’azione combinata di questi due fattori, mercato e cattiva politica – che si muovono non in sintonia fra di loro – rischia di trascinare la Rai in un precipizio di record negativi: di ascolto, di perdita secca di fatturato pubblicitario, di crescente disinnamoramento dei telespettatori, spinti a non pagare il canone o comunque a pagarlo sempre più malvolentieri.
Ci sono almeno due domande semplici che sovrastano tutte le altre: quali ragioni militano a favore del modello “duale” europeo, caratterizzato dalla coesistenza nel mercato televisivo di broadcaster privati e di un soggetto pubblico con ascolti rilevanti? E poi, quali sono le “condizioni di sopravvivenza” dei media di servizio pubblico nella società dell’informazione?
Tutto questo grande lavoro che al momento coinvolge soprattutto professori universitari di tanti Paesi europei ha due obiettivi meritori: ridare all’Europa – proprio in questa fase in cui l’Europa sembra aver perso il filo della crescita politica e istituzionale – l’orgoglio per un ruolo forte in uno dei campi in assoluto più delicati e politicamente sensibili come i new e gli old media.
Senza contare l’importanza economica strategia del sistema mondiale dei media. E’ stato scritto che “la guerra mondiale dei contenuti è dichiarata”. Frederic Martel in un bel libro intitolato Mainstream ha scritto:
“All’interno dei flussi di contenuti internazionali, misurati in termini quantitativi in modo impreciso da Fmi, Wto, Unesco e Banca mondiale, c’è un colosso come gli Stati Uniti che esporta ampiamente e ovunque i propri contenuti con circa il 50 percento delle esportazioni mondiali. Insieme a Canada e Messico, l’America del Nord domina gli scambi senza avere concorrenza (circa il 60 per cento delle esportazioni mondiali). Segue un potenziale concorrente, ma probabilmente in declino come l’Unione Europea composta da ventisette paesi, con un terzo delle esportazioni”.
E’ un’idea velleitaria e impraticabile quella di pensare a una grande compagnia europea di produzione di contenuti? Magari proprio a partire da un accordo fra servizi pubblici europei?
Oggi l’importanza del sistema dei media l’ha sintetizzata meglio che mai il sociologo spagnolo Castells, quando ha scritto che “è più di un quarto potere. E’ il terreno di gioco in cui tutti i poteri, quello politico, economico, sindacale, sociale, associazionistico, si incontrano, si confrontano, si scontrano”. Da qui l’importanza, per una democrazia moderna e avanzata, di avere un terreno di gioco neutro e un arbitro non comprato e non comprabile.
L’altro grande obiettivo che si può cercare di mettere al centro dell’attenzione della pubblica opinione, con una iniziativa meritoria come questa di Infocivica, è quello di rilanciare e ridefinire la discussione sulla missione del servizio pubblico, che resta una delle caratteristiche dei nostri paesi europei.
Accanto alle funzioni tradizionali (garantire l’universalità del servizio, tutelare il pluralismo, la diversità e la qualità dell’informazione, contribuire alla crescita della cultura e dell’identità nazionale) e agli obblighi dettati dalla rivoluzione digitale (rendere i contenuti accessibili su tutte le piattaforme, offrire contenuti online di qualità, guidare il passaggio dalla tv analogica a quella digitale) sembra emergere con sempre maggiore forza, un nuovo imperativo per gli Stati: garantire autonomia e distanza dal potere che deve controllare. Nei documenti del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa si coglie sempre più l’insistenza sull’indipendenza politica ed economica, quale requisito indispensabile per la credibilità del servizio pubblico e per lo svolgimento della sua missione.
Sono personalmente sempre più convinto, poi, che la condizione di sopravivenza di un servizio pubblico che in molte parti d’Europa mostra profondi segni di crisi, è che la televisione pubblica si trasformi progressivamente in una “istituzione”: una istituzione non partigiana, indipendente, di garanzia, con un ruolo counter-majoritarian, di controllo dell’operato del potere e di garanzia del pluralismo, sul tipo di quello esercitato in Italia dalla Corte costituzionale e dalla magistratura, ma anche una istituzione in grado di promuovere l’identità e la diversità culturale di un Paese, rispetto a una televisione commerciale che tende a una omologazione su scala internazionale, con un ruolo non così lontano da quello della scuola pubblica.
Intanto in Italia non si può non vedere il crescente disagio e distacco che matura nell’opinione pubblica verso un’azienda che in passato è stata una fucina di idee, e un importante fattore di coesione nazionale. Si può immaginare che nel futuro la Rai torni a essere una vera palestra di creatività e libertà espressiva, di innovazione? E che scopra il gusto per l’autonomia? Al di fuori di questi obiettivi è difficile trovare un senso riconoscibile per un servizio pubblico.
D’altra parte è proprio sulla base di queste convinzioni che le opposizioni in Italia, tutte insieme, hanno cominciato a ragionare sulla necessità di un immediato intervento legislativo per cambiare almeno i criteri di nomina del consiglio di amministrazione della Rai. Sarebbe un primo passo verso l’emancipazione dell’azienda dalla cattiva politica. Servirebbe a dare alla Rai le condizioni minime per affrontare il nuovo mare magnum del mercato digitale, finalmente con una strategia di medio e lungo termine, libera da insopportabili e costosi conflitti di interesse altrui.

Sintesi preliminare dell'intervento

14.30 - Fine dei lavori