Sintesi dell'introduzione del moderatore
Gianpiero Gramaglia
L'Unione europea è spesso accusata dai suoi detrattori, che, su questo punto, hanno gioco facile, d'occuparsi dei dettagli, come il posizionamento delle luci dei trattori o la ‘normalizzazione' delle dimensioni di frutta e verdura, invece di offrire un quadro d'insieme su problemi di fondo della società europea. Non c'è dubbio che l'obiettivo posto da questo seminario, la creazione di un nuovo ‘spazio pubblico' del servizio radio-televisivo in ambito locale, nazionale ed europeo, che tenga conto delle sfide della rete, appartenga alle questioni importanti. E forse anche per questo le istituzioni comunitarie sono finora state riluttanti ad affrontarlo.
Come dimostra la gamma delle relazioni di questo seminario, ma anche la profondità e la vastità del lavoro preparatorio condotto da oltre due anni, la creazione e, prima ancora, la definizione d'uno spazio pubblico audiovisivo e online toccano interessi di varia natura, economici, industriali, commerciali, tecnologici, e investono la sfera della concorrenza. Ma, più in profondità, riguardano la dimensione delicata del diritto all'informazione e della libertà di espressione, due elementi fondanti della nostra concezione, che sia occidentale, illuministica, liberale, sociale, di libertà dell'individuo e di rispetto delle comunità, quali ne siano gli elementi aggreganti, politici, religiosi, etnici.
Non spetta a me, né come moderatore, né come esponente emblematico, se non altro per ragioni anagrafiche e passato professionale, d'un giornalismo tradizionale, scritto e d'agenzia, prima che d'un giornalismo multimediale, provare ad entrare nel merito dei problemi che saranno affrontati dai relatori.
Voglio, però, ricordare che l'anno trascorso dal seminario 2010 ha visto l'Europa traversata da svariati tentativi, non tutti abortiti, di limitare sia la libertà di stampa sia la libertà di espressione; e, d'altro canto, ha pure visto interpretazioni abusive e criminose di tali libertà. In qualche caso, come nella vicenda della legge sulla stampa ungherese, le istituzioni comunitarie sono intervenute e hanno saputo suggerire e ottenere modifiche a norme già approvate da un parlamento nazionale e adottate
dal governo. In altri casi, Bruxelles ha magari vigilato, ma non è intervenuta. Più coraggio ha avuto, nel prendere posizione, il Consiglio d'Europa di Strasburgo, un'organizzazione la cui serenità di valutazione è inversamente proporzionale
alla pochezza dei poteri, ma le cui competenze –e i cui comportamenti- la qualificano per essere coinvolta e associata alla battaglia di Infocivica.
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