INFOCIVICA ritorna alla home “Infocivica vuole  facilitare il rapporto tra i cittadini, le istituzioni e gli organismi pubblici favorendo l'ideazione e la realizzazione di programmi di servizio pubblico e 
di servizi di pubblica utilità nella società dell'informazione.“
Home
Chi siamo
Documenti
Proposte editoriali di Infocivica
Eventi
Media Club e Forum di Infocivica

INFOCIVICA - IDENTITA' E DIVERSITA' DELL'EUROPA - 2 -
Riarticolazione dell'offerta, presidio locale globale,  politiche connesse di produzione  e acquisizione dei diritti in ottica crossmediale.

Bruno Somalvico

Segretario Generale Associazione Infocivica

RIFOCALIZZARE L'OFFERTA REINTERPRETANDO IN SENSO ORIZZONTALE E CROSSMEDIALE IL TRITTICO DI JOHN REITH

 

Con Bino Olivi nel 1997 all’alba della televisione digitale invitavamo l’intero sistema radiotelevisivo nazionale italiano, e la radiotelevisione pubblica ad uscire dalle strettoie della televisione generalista. Il sistema televisivo nazionale soffriva ancora degli effetti perversi di quella che era stata definita una sorta di ipervitaminizzazione dei palinsesti

Negli anni Ottanta nascevano reti tematiche e pay tv via cavo o nel caso di Canal Plus canali premium terrestri. Il panorama si allargava ed articolava garantendo l’avvio di nuove piattaforme distributive (via cavo e con antenne collettive SMATV, e dalla fine degli anni Ottanta con i satelliti ibridi la ricezione diretta da satellite nelle case DTH).

In Italia invece l’a-regulation contribuisce ad ingessare la televisione generalista finendo per creare un duopolio perfettamente simmetrico fra offerta televisiva pubblica e offerta commerciale. Fatta eccezione per il primo tentativo di dar vita ad un canale pan-europeo multilingue Rai Sat avviato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea sulle ceneri di Europa Television, si esaurisce definitivamente la stagione della sperimentazione di nuovi formati ed anche di nuovi ritmi e linguaggi narrativi che avevano caratterizzato la stagione del monopolio (Giochi Olimpici di Roma nel 1960), l’avvio di Rai Due dal 1976 al 1980 e della nuova Rai Tre nazionale dal 1986 al 1990 che aveva peraltro progressivamente per i tratti originali “federalisti” della sua fase d’ avviato nel dicembre 1979 ed era in qualche modo stata “nazionalizzata” per far fronte alla concorrenza della terza rete commerciale acquisita dal Gruppo Fininvest (creando appunto questa perfetta simmetria fra tre reti generaliste pubbliche e tre reti commerciali).

La legge Mammì non fa che fotografare quest’offerta ipertrofica generalista, impedendo l’avvio di nuove piattaforme concorrenti: il duopolio rivela una profonda fragilità: costi altissimi dei palinsesti, scarsa diversificazione, mancato sfruttamento delle varie finestre di prodotti appetibili come i film o gli eventi sportivi.

L’avvio di tre canali di Telepiù terrestri incrina solo parzialmente questa situazione riducendo progressivamente peraltro il numero dei film diffusi settimanalmente sui canali in chiaro e iniziando ad abituare gli italiani a vedere un’intera partita di calcio a pagamento nel posticipo serale.

Con l’avvento delle prime piattaforme satellitari digitali a pagamento finisce l’era del duopolio pan generalista ma sino alla fusione fra le due piattaforme concorrenti e la nascita di Sky Italia il mercato televisivo a pagamento non decolla.

Il Legislatore italiano cerca di favorire una politica di innovazione favorendo nel rispetto di nuove e più adeguate norme antitrust, la nascita di una piattaforma “unica” nazionale, tentativo che si rivelerà del tutto vano e velleitario. Fatta salva qualche lodevole eccezione da parte di Tele Più, assisteremo sostanzialmente alla “customizzazione” di canali tematici esteri, ovvero alla creazione di una loro versione italiana mentre altri canali avviati si limitano ad affettare la televisione generalista. La stessa Rai News 24 nata con un progetto tecnologicamente avanza come fabbrica e punto di snodo dell’informazione in entrata e in uscita (oggi lo chiameremmo un crossmediale) andrà sempre più configurandosi come un parente povero della televisione generalista, uno strumento per favorire nuovi equilibri politici interni anziché di reale innovazione nell’informazione ai cittadini mentre Sky TG 24 riuscirà progressivamente ad imporsi con la crescita della televisione a pagamento.

Ne La fine della comunicazione di massa uscito nel 1997 invitavamo l’Italia ad uscire dalla televisione generalista verticale e di ricomporre un’offerta generalista ovvero rivolta a tutte le platee declinandola su un mini bouquet con programmazione forte e autorevole di canali generalisti e tematici (questi ultimi meno vincolati alla dittatura dell’audience e in grado di restituire un ruolo sperimentale di apripista: una sola rete nazionale generalista, una seconda rete nazionale a vocazione internazionale di collegamento con la diaspora italiana nel mondo capace di abolire l’effetto minestra riscaldata delle prime proiezione internazionali dei canali di bandiera) una rete federalista che sviluppi sull’esempio di France 3 i décrochages informativi locali, pochi canali tematici (uno educativo, uno di informazione 24 ore su 24, un canale civico-parlamentare (la nostra proposta di Infocivica ad Amalfi nel 200), un canale del lavoro e dell’economia, uno di informazione e di eventi sportivi, uno di eventi culturali per la promozione dello spettacolo dal vivo e delle industrie culturali deboli (con possibilità di organizzare formule commerciali originali a pagamento d’intesa con i produttori degli eventi). Proponemmo infine allora un ipertelevideo ovvero un sistema avanzato di teletext che fungesse da guida elettronica dei programmi semplificata in grado di accompagnare anche i meno tecnologicamente alfabetizzati ad entrare in un universo nuovo non limitato all’offerta multicanale lineare ma anche all’universo della rete per accedere a programmi “protetti”, o meglio certificati.

Denunciammo nel 2003 la nuova Babele elettronica venutasi a creare in Italia con la formazione di un triopolio, ovvero di un nuovo duopolio fra due giganti nani (per riprendere l’espressione di Carlo Macchitella), i nostri campioni nazionali Rai e Mediaset e un gruppo globale focalizzato sul prodotto editoriale declinato in vari media e piattaforme distributive News Corporation. Insistemmo sul carattere aperto universale e senza strozzature proprietarie che avrebbe dovuto assumere una nuova piattaforma ibrida di servizi lineari e non lineari e sui rischi di passaggio dalla dittatura dell’auditel alla dittatura della piattaforma verticale di Murdoch (il rombo di Pierre Musso: accaparramento dei diritti a monte e degli utenti a valle)

Nel frattempo con l’inizio del passaggio al tutto digitale l’offerta digitale terrestre ha consentito di allargare la platea multichannel dando vita a nuovi programmi che hanno continuato per lo più ad affettare la tv generalista fatto slave alcune lodevoli eccezioni, mentre il vecchio tentativo di terzo polo attorno alla Sette con qualche utile innesto nei propri palinsesti approfittando della crisi del servizio pubblico, inizia a consolidarsi almeno nell’opinione pubblica e fra le classi dirigenti del Paese. Alla vigilia del completamento dello switch off l’offerta del servizio pubblico si dispiega su un numero molto cospicuo di canali, molti deboli e poco significativi, scarsamente autorevoli. Alcuni si sono persi per strada. Altri (quelli sportivi e quelli educativi) stanno finalmente assumendo una loro fisiologica: fra tutti spicca certamente Rai Storia che mi pare sembri rispondere pienamente con la struttura di Rai 150 alle aspettative che si richiede ad un servizio pubblico: educare informare e divertire con rispetto dell’intelligenza dei cittadini e non solo per creare delle platee agli inserzionisti pubblicitari: non di tutto di più ma di meglio e più aderente alla missione di coesione sociale di cui abbiamo parlato qui nel seminario dello scorso anno.

La televisione connessa è destinata ad accompagnare progressivamente tutti gli utenti nell’universo della rete. E’ un fenomeno ineluttabile destinato ad interessare progressivamente il corpo sociale: la rete diventerà il deposito della memoria storica di una nazione, il luogo della formazione e del lavoro, lo strumento principale di elaborazione anche politica e di decisioni delle classi dirigenti. Il medium prevalente del XXI secolo. Il servizio pubblico non potrà imporre nulla agli utenti. Potrà imporsi e trovare un “posto al sole” solo rideclinando in maniera autorevole e credibile l’offerta.