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di servizi di pubblica utilità nella società dell'informazione.“
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La Rai e il servizio pubblico

Una parte significativa della cultura del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia si è sviluppata con la RAI. Tuttavia circostanze e ragioni a tutti note (fra le quali la competizione per la propria sopravvivenza, la convinzione che non vi sia televisione generalista senza l'adesione quotidiana di quantità consistenti di utenti, il mancato adeguamento del canone e il necessario rafforzamento delle economie di gestione) hanno fortemente ridotto l'impegno di servizio pubblico della RAI negli ultimi anni.

Nel frattempo altri soggetti si sono imposti nel mercato radiotelevisivo e, a partire dalla legge Mammì, l'obbligo di realizzare servizi di informazione ha in qualche modo introdotto principi di servizio pubblico anche nelle televisioni commerciali, pur in assenza di regolamentazioni coerenti quali quelle che, in altre legislazioni europee, considerano alcuni obblighi specifici come parte del corrispettivo per la concessione delle frequenze. Tra gli obbiettivi di Infocivica c'è dunque quello di stimolare l'interesse e il contributo delle istituzioni per le attività di servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale che devono essere svolte dalla RAI e da altri soggetti coerenti con le finalità di pubblica utilità, di incrementare i rapporti tra la Rai e i responsabili dell'informazione e della comunicazione istituzionale nella pubblica amministrazione e di stimolare la ripresa dell'impegno e della cultura del servizio pubblico anche all'interno della Rai.

Colpiti dalla concorrenza e con risorse inadeguate alla crescita dei costi di produzione dei palinsesti televisivi, i servizi pubblici rischiano di non riuscire più a svolgere nell'universo multicanale digitale quel ruolo di coesione sociale che li hanno caratterizzati certamente nella fase del regime di monopolio, ma ancora per certi versi successivamente nella seconda fase mista. Oggi le tv pubbliche mantengono elevati indici di ascolto reggendo la concorrenza delle emittenti commerciali finanziate solo dalla pubblicità, ma gli uni e le altre sono insidiate dai cosiddetti nuovi media (pay tv, tv tematiche, ecc., ma anche DVD e Internet).

La fase mista a centralità commerciale ha modificato i caratteri tradizionali della funzione originaria del servizio pubblico. Si può persino affermare che la competizione fra pubblico e privato non solo ha determinato un livellamento qualitativo dei programmi per effetto della guerra degli indici di ascolto, ma, in definitiva, anche una sorte di progressiva omologazione fra una televisione pubblica sempre più privata e una televisione commerciale con funzioni sempre più anche di servizio pubblico, prima fra tutte quella di informare. Ci sembra interessante cercare di riflettere sulla situazione attuale in Italia alla luce dell'innovazione tecnologica in corso e del carattere misto del sistema radiotelevisivo.

Accesso al servizio

Per quel che riguarda l'accesso nazionale al servizio occorre notare che nel sistema misto la copertura di tutto il territorio non è più una prerogativa originale della RAI. E' però vero che i privati puntano essenzialmente a raggiungere prioritariamente le grandi aree urbane e metropolitane, dove si concentra larghissima parte dell'utenza televisiva, trascurando le aree periferiche e le zone montagnose a bassa densità di popolazione, difficilmente raggiungibili per propagazione attraverso onde hertziane. Sotto questo profilo una cablatura affidata a soggetti privati in un logica puramente mercantile (come quella avvenuta nel Regno Unito) rischia nell'universo multimediale di produrre un nuovo grave "gap" fra un mondo globalmente connesso nelle zone ricche ed aree sempre più povere perché giudicate a basso reddito o a bassa densità abitativa.

In Paesi come la Germania, invece, lo sviluppo tecnologico del sistema televisivo ha ottenuto un brillante successo, perché pensato in maniera distinta per le emittenti mission oriented e per quelle profit oriented , attraverso la combinazione satellite/etere, satellite/cavo o ricezione diretta da satellite per la diffusione delle reti di servizio pubblico a carattere sia nazionale che regionale (consentendo tra l'altro alle stesse emittenti regionali e non solo a quelle nazionali una visibilità praticamente continentale attraverso l'uso del satellite Astra). La combinazione satellite/cavo o ricezione diretta da satellite per le altre emittenti, l'attribuzione di frequenze via etere a soggetti privati, ossia la nascita di un regime di concorrenza sull'etere in Paesi come la Francia, la Spagna e il Portogallo, non hanno favorito lo sviluppo del cavo e del satellite sino alla metà degli anni Novanta.

Diritto all'informazione e funzione educativa

Caduta l'idea del monopolio “naturale” delle frequenze su cui si fondava il servizio pubblico, libertà di espressione e pluralismo non vanno più concepiti come diritti minacciati, che devono essere protetti e garantiti esclusivamente dal servizio pubblico, ma all'interno di una diversità di mezzi e di supporti che li esaltino sempre di più. Più e meglio del monopolio. La nozione di interesse generale vale ormai per tutte le imprese, pubbliche e private, e devono essere definite regole appropriate che definiscano l'ambito di attività delle imprese stesse, nel quadro di obiettivi di interesse generale.

Di rilievo è stata agli albori della televisione in Italia, a cavallo fra anni Cinquanta e Sessanta, la missione di alfabetizzazione, formazione del cittadino e educazione nazionale compiuta dalla RAI. Ma nel panorama di competizione con i privati venutosi a creare a partire dalla metà degli anni Settanta, la funzione di agenzia educativa nazionale, capace di rispondere alle esigenze di formazione “intellettuale e morale” dei cittadini, sia sul piano pedagogico, sia sul piano dei valori della comunità nel suo insieme, è venuta in gran parte ad affievolirsi.

Negli anni Ottanta l'intenzione formativa è stata progressivamente emarginata dalle fasce significative dei palinsesti RAI, a causa della competizione sugli indici di ascolto. Oggi la capacità formativa ed educativa del servizio pubblico torna ad essere fondamentale nell'universo multimediale, data la necessità di promuovere nuovi sforzi di alfabetizzazione e di controllo sociale dei media. Con la scuola, i media sono i principali artefici concreti delle conoscenze e delle attitudini future.

Sono anche necessari interventi diretti a ridare spazio nei servizi pubblici di interventi a favore delle forme più alte, secondo la concezione tradizionale, della comunicazione culturale, anche al fine di sviluppare il potenziale espressivo della attività artistiche dei cosiddetti settori culturali deboli. Nuove reti tematiche svincolate dalle esigenze dell'ascolto potranno concorrere a valorizzare pienamente il ruolo del servizio pubblico come fornitore di contenuto in collaborazione ad esempio con il Teatro alla Scala e con altre grandi istituzioni culturali del Paese.

Inoltre la televisione, la sua informazione, i suoi prodotti, i suoi documenti sono ormai strumenti per conoscere la storia e la storia della cultura. Il mondo della scuola, quello dell'università, quello della ricerca hanno pieno diritto di accedere, attraverso il servizio pubblico, a questo patrimonio. Nuove iniziative devono consentire la ricerca e l'accesso ai documenti non più soltanto in un'ottica di nostalgico consumo minoritario, ma in quella di strumento e stimolo per l'oggi e per il domani.

Completezza e diversificazione dell'offerta

Anche in materia di differenziazione e completezza dell'offerta, nonostante che le tre reti generaliste continuino ad assicurare, con esiti alterni, un'offerta che rimane relativamente diversificata, occorre rilevare la crescente fedeltà alla logica commerciale di flusso dei programmi (ormai diffusi 24 ore su 24). Si nota così la propensione a stabilire priorità di programmazione a favore di taluni generi a scapito di altri (maggiormente consoni alle funzioni del servizio pubblico), relegati per contro in ore di scarso ascolto, se non del tutto abbandonati dai palinsesti televisivi. Oggi solo un'offerta multicanale sia tematica sia post generalista al ritmo della grande città, della regione, del Paese, dell'Europa e del mondo, declinata orizzontalmente e non verticalmente, ossia offerta a pacchetto e non nell'arco di un palinsesto commerciale di flusso, è in grado di ricomporre la vecchia offerta autorevole, ricca e diversificata che ha caratterizzato la televisione pubblica del monopolio.

La novità del futuro sarà la possibilità per l'utente di costruirsi il proprio palinsesto e non essere soggetto ai tradizionali appuntamenti dei vari giorni della settimana televisiva; ma anche in questo caso spetta al servizio pubblico un ruolo di guida e di indirizzo per non disperdersi nella nuova Babele elettronica ed essere effettivamente in grado di operare in maniera autonoma e consapevole le proprie scelte. L'uscita dal monopolio e l'affermazione di un sistema radiotelevisivo misto pubblico-privato ha impoverito sostanzialmente il prodotto.

È scomparsa quella “memoria storica” che legava il telespettatore del monopolio a "Mamma Rai". All'espansione delle emittenti e delle ore di programmazione non corrisponde una vera trasformazione del prodotto televisivo che ha subito un processo di omologazione verso il basso. Sono nati palinsesti ipervitaminizzati con acquisto di prodotti americani ad utilità ripetuta e il ricorso a costosi e attrattivi programmi “usa e getta”. Il sistema televisivo dominato dall'emittenza generalista pubblica e privata ha finito per essere sempre più ingessato.

Servizio pubblico e territorio

Il decentramento ideativo e produttivo della RAI voluto con la riforma del 1975 non è stato realizzato, nonostante un certo potenziamento dell'informazione regionale. Al contrario, sembra quasi sia stata favorita una progressiva centralizzazione della programmazione e della produzione.

Alla stregua di France 3 (che, peraltro, grazie alle produzioni regionali, conosce una tenuta complessiva del proprio ascolto, nonostante la concorrenza dei canali informativi e l'avvio di nuovi programmi in ambito regionale) anche in Italia la Terza rete, nata per dare spazio – alquanto burocraticamente – alla complessità politica, economica e sociale prevista in tutte le ventuno regioni della Penisola, non ha adeguatamente potenziato la produzione regionale, fatta eccezione per i notiziari informativi, ed è stata poi "rinazionalizzata". Ha finito con il diventare, nella sua indiscussa originalità editoriale, una terza rete nazionale, simile alle altre e usata per completare la controffensiva della RAI nei confronti della concorrenza privata

Il progressivo abbattimento delle barriere linguistiche da una parte, e il bisogno di recuperare le radici locali dall'altra, imporranno comunque una diversa articolazione territoriale rispetto all'attuale canale generalista nazionale, con una offerta che sarà sempre più articolata sia verso il globale sia verso il locale. Di conseguenza assistiamo a rinnovate necessità di riannodare i legami tra la televisione e le istanze locali, in contrasto con le pratiche in atto di centralizzazione della programmazione e della produzione., Con la moltiplicazione dei canali e la scoperta del glocal , è giunto il tempo di proporre un significativo rilancio del rapporto dei media con il territorio, non solo a livello regionale ma anche di aree metropolitane, sia dal punto di vista informativo, sia con altre forme di produzione.