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I canali del servizio pubblico

Assecondando in parte questo orientamento, occorre un vero e proprio sforzo diretto a far rinascere su canali dedicati alcuni compiti tradizionali del servizio pubblico, quelli che rischiano di essere travolti dal mainstream generalista. Probabilmente questa è una strada obbligata per rivitalizzare questo tipo di domanda e di offerta.

Si tratta di far convivere nella pratica dei palinsesti di TV, radio, siti web e altre produzioni multimediali – si pensi, in particolare, alla potenzialità dei nuovi sistemi di comunicazione GPRS, UMTS e successive evoluzioni – l'informazione istituzionale, quella di servizio e una selezionata gamma di offerte a contenuto storico e culturale, con una mediazione professionale che ne garantisca autorevolmente la piena fruibilità e che sappia sollecitare le risposte attive dei cittadini.

È questo un passaggio obbligato per ridare credibilità alle istituzioni. Proclamando la propria necessità e utilità sociale al più alto livello della comunicazione professionale, e non mescolandosi ai consumi di massa, questi canali troveranno legittimazione e sostegno economico pubblico e privato.

C'è però un altro livello del discorso, che ci riporta a parlare dell'audience generalista. La convinzione, agli albori i questo XXI secolo, che la televisione generalista, il mass medium per eccellenza, il canale “nazionale” con i suoi milioni di spettatori reali o potenziali, non abbia esaurito il suo compito sociale, se non verrà sostituito con qualcosa che ne assorba le funzioni superandone i limiti. Il progressivo abbattimento delle barriere linguistiche da una parte, e il bisogno di recuperare le radici locali dall'altra, sempre più imporranno una diversa articolazione territoriale rispetto all'attuale canale generalista “nazionalpopolare”. Muovendoci in questa direzione, se sapremo rivitalizzare la comunicazione pubblica nella televisione, a lungo andare, faremo cosa utile al mainstream generalista.

L'ultimo mezzo secolo, almeno in Europa, è stato tra i più pacifici della storia. Non vogliamo pensare al pericolo di guerra, oggi per fortuna lontano; ma sono molteplici i rischi di crisi sociale di varia gravità. La sensibilità moderna ha innalzato il livello di allarme in molti ambiti, ed è sempre più facile che la società “vada in crisi”: per motivi politici, economici, di contrasto tra le istituzioni, di meteorologia, di traffico, di ambiente, di criminalità, di sanità, di distribuzione energetica, di infrastrutture di comunicazione, di carenze assistenziali o scolastiche, … Queste crisi esigono non solo risposte specifiche e tempestive delle istituzioni competenti, ma lo sviluppo di canali comunicativi dedicati per la raccolta e la diffusione interattiva di informazioni su molteplici media, compresi i grandi canali generalisti. La capacità di questi ultimi di rispondere agli eventi pubblici al fine di consentire coesione sociale potrebbe alla lunga essere il principale motivo della loro sopravvivenza, di fronte alla offensiva specialistica e tematica dell'offerta multicanale. Sopravvivenza legata anche alla capacità di reinventare il proprio ruolo realizzando la pluralità e la contaminazione dei generi.

L'obbiettivo di valorizzare le funzioni pubbliche della comunicazione televisiva non viene dunque da un ritorno datato e nostalgico alla irripetibile “qualità” del servizio pubblico del monopolio. Non si cerca di rimpiangere il passato, ma di rivolgere uno sguardo vigile ai problemi del futuro.