Uno spazio per la televisione pubblica nel nuovo universo
multimediale
Nella tradizione consolidata nei paesi
dell'Europa occidentale, l'audiovisivo è stato uno strumento di progresso culturale
di grandissimo rilievo nel secondo dopoguerra, ed è sentito
come eredità non rinunciabile.
Nel nuovo universo multimediale e nella
società dell'informazione
a dimensione globale, riteniamo di doverci battere per la
difesa e il rilancio del servizi pubblici europei di radio
e televisione.
In Italia la questione è particolarmente complessa.
Taluni ritengono che il servizio pubblico praticato dalla
RAI sia ormai insufficiente a giustificare il canone obbligatorio.
Anche se le attività di servizio pubblico non mancano,
quelle di natura commerciale hanno il torto di essere molto
più appariscenti: sono maggioritarie in prima serata
ed enfatizzate dai giornali. È vero che una RAI meno
commerciale perderebbe terreno rispetto alla concorrenza.
Ma bisogna ammettere che la percezione di minore qualità oggettiva
e di ridotta innovazione di prodotto sono i veri responsabili
del calo di popolarità del servizio pubblico italiano.
Occorre andare alla radice del problema
e chiedersi: è possibile
fare a meno del servizio pubblico?
In Europa, prevale ormai l'interpretazione
secondo cui il canone costituisce il corrispettivo di una
prestazione rispetto alle definizioni sulla sua natura
giuridica (tassa, contributo parafiscale). Prevale cioè una volontà politica,
frutto di una evoluzione che accompagna la rapida trasformazione
tecnologica dei media e ne ri-motiva l'utilità pubblica.
Il problema centrale non è più la disputa
pubblico/privato sul sistema misto bensì quello di
definire i contenuti distinti (e le relative modalità di
produzione e controllo) mirati al servizio degli interessi
pubblici, come “controvalore” del canone.
Nella tradizione consolidata nei paesi
dell'Europa occidentale, l'audiovisivo è stato nel secondo dopoguerra uno strumento
di progresso culturale di grandissimo rilievo ed è sentito
come eredità non rinunciabile.
Ciò che distingue i servizi pubblici europei dall'emittenza
commerciale, che costituisce il loro “dover essere”, deriva
da alcuni principi condivisi. Il primo è che per servizio
pubblico non deve intendersi servizio di Stato, e men che
meno dei governi e dei partiti, ma servizio alla comunità nazionale.
Il secondo è che per svolgere
al meglio la loro mission ,
per essere imparziali e obiettivi, i servizi pubblici debbono
essere professionalmente autonomi dal potere politico e quindi
ancorati a organi di alta competenza e garanzia. Il terzo
principio è che i servizi pubblici debbono avere entrate
coerenti che non condizionino la loro programmazione. Il
quarto è che il servizio pubblico non può essere
destinato alle nicchie o alle élite culturali ma deve
essere percepito come tale da tutti i cittadini.
|