Giuseppe Richeri
Docente di "Strategie dei Media" e Decano Facoltà di Scienze della Comunicazione - Istituto Media e Giornalismo, Università della Svizzera Italiana, Lugano
Sintesi in tempo reale:
Il Professor Richeri è partito dall’analisi della situazione Svizzera dove, purtroppo, non esiste grande connessione fra le emittenti delle tre aree linguistiche della Confederazione.
Per quanto riguarda il finanziamento, le emittenti pubbliche elvetiche vivono sia di un finanziamento da canone, sia di risorse raccolte sul mercato. Interessante considerare che la televisione pubblica, pur avendo uno share non molto elevato, assorbe la quasi totalità della pubblicità nazionale. Meno pubblicità hanno le televisioni commerciali che, purtroppo, subiscono la forte concorrenza delle televisioni private transfrontaliere di Germania, Francia e Italia, nelle rispettive aree linguistiche.
Nel 2008 è stata promulgata una legge che ha portato una serie di novità e che ha molti elementi in comune con l'evoluzione del quadro normativo europeo.
Occorre osservare che anche le televisioni commerciali svizzere fanno parte del servizio pubblico, per cui una piccola quota dei finanziamenti raccolti dalla televisione pubblica, attraverso il canone, viene redistribuita a queste emittenti private. Il cha ha suscitato grandi polemiche nell'opinione e, ovviamente, il malcontento delle emittenti pubbliche.
La legge ha poi deciso di puntare l’attenzione sulla qualità delle trasmissioni, il che ha inevitabilmentre posto la questione su come valutare questa qualità. Problema di misurazione che non è stato ancora risolto. Per la prima volta, infine, la legge impone un’analisi regolare e dettagliata della programmazione radiofonica e televisiva, a cura di Istituti di ricerca indipendenti.
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Scaletta seguita dal prof Giuseppe Richeri nel suo intervento:
Televisione pubblica per la coesione di tutti o di chi resta? Spunti per un dibattito
La coesione sociale nazionale è sicuramente un obiettivo di primo piano del broadcasting pubblico. Oggi appare però sempre più difficile da mantenere e rafforzare sotto le varie spinte dei localismi e dell'internazionalizzazione presenti in molti paesi che si aggiungono, soprattutto in Europa, alla crescente diversificazione culturale e sociale. Storicamente i media, insieme alla scuola, hanno assolto un ruolo centrale come fattori di coesione sociale. Da questo punto di vista i primi decenni della televiisone pubblica in Italia sono stati un esempio brillante. La fine dei monopoli televisivi pubblici ha però indebolito questa funzione e le progressive trasformazione dello scenario mediatico hanno avviato un processo di moltiplicazione e frammentazione dell'offerta, tuttora in atto. Ciò è avvenuto in sintonia con la formazione di una molteplicità di pubblici segnati da caratteri, desideri e gusti distinti L'obiettivo di operare attraverso la televisione pubblica per favorire la coesione sociale è tuttora importante, ma si tratta di un obiettivo assai difficile da perseguire in generale e da declinare in termini più specifici considerando la mobilità dei telespettatori, la varietà dei generi televisivi, la concorrenza tra i vari canali e i caratteri dell'industria e del mercato dei contenuti. E' possibile oggi pensare a una programmazione televisiva pubblica articolata su più canali, allargata alle varie offerte via Internet, capace di veicolare valori, esperienze, agende destinati a creare elementi identitari collettivi, condivisi su scala di massa? Forse si, ma credo che in vari paesi europei ciò richieda un profondo ripensamento del servizio pubblico, della sua organizzazione, delle sue modalità di finanziamento. Credo anche che lo sviluppo del sistema dei media stia andando in una direzione che rende più difficile il perseguimento di tale obiettivo.
Già oggi alcune parti importanti della società utilizzano in modo marginale l'offerta televisiva pubblica e sono capaci di trovare ciò che desiderano altrove (pay tv, media on demand, Internet). E' possibile pensare a un'offerta televisiva pubblica (coesiva) che si rivolga a queste categorie, senza perdere però le altre?
Inoltre il passaggio alla televisione digitale provoca un'accelerazione della frammentazione del consumo televisivo generalizzato (a meno che i nuovi canali siano fallimentari). Frammentazione favorita dalla presenza di Internet nelle maggior parte della abitazioni e dal miglioramento delle reti di accesso ai servizi. Il quadro che si sta formando sotto i nostri occhi mette in evidenza la crescita di un pubblico, già largo, che utilizza l'offerta televisiva pubblica in modo sporadico, occasionale, marginale dal momento che i suoi interessi, desideri e bisogni mediali trovano soddisfazione altrove.
Di fronte a questa situazione la televisione pubblica come potrebbe perseguire i suoi obiettivi di coesione sociale? In modo schematico ci sono due possibilità. O cerca di riallestire la propria offerta per rincorerre e recuperare anche il pubblico che oggi non sembra interessato. Ma ciò significa, non solo rinnovare l'offerta, ma anche operare con le varie modalità di offerta (specializzata, on demand, interattiva) e sulle varie piattaforme per incrociare quel pubblico più facilmente.
Oppure riconosce che questa parte di pubblico (crescente) non è recuperabile o comunque non può essere un punto di riferimento stabile per allestire la sua offerta e concentra la sua attenzione sulla parte di società che, per varie ragioni (culturali, economiche, tecniche), trova nella televisione pubblica le condizioni migliori per soddisfare, tutto o in parte i suoi consumi televisivi.
In nota a questi spunti voglio aggiungere che in tutti i casi la televisione pubblica per svolgere le sue funzioni di interesse collettivo deve uscire dalla logica competitiva con gli operatori commerciali, ciò che implica inevitabilmente una revisione del finanziamento pubblicitario.
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Vedere anche:
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Problemi e prospettive aperte dal Trattato di Lisbona
Audio 2009 CONFERENZA INFOCIVICA
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