L’incontro si è aperto con i saluti e i ringraziamenti di Giovanna Milella che ha ricordato la mission di promozione del dialogo internazionale del Prix Italia. Da qui l’idea del convegno.
Matteo Fornara della Commissione Europea ha poi sottolineato l’importanza di un incontro che ha inserito il tema europeo nel Prix, ricordando che quello della Comunicazione è un tema cruciale da tempo.
Gerardo Mombelli, Vicepresidente di Infocivica, ha portato i saluti del Presidente Bino Olivi e ha ricordato come Infocivica con questo appuntamento intende riaprire una discussione sul ruolo e i compiti del Servizio pubblico in Italia e in Europa. Che non sia elusiva delle esistenti difficoltà politiche e dei nuovi orizzonti tecnologici. Si tratta dunque di un progetto ambizioso, ma realistico che dovrebbe riuscire a coinvolgere tutti coloro che sono interessati al futuro dell’Europa e degli europei.
Alessandra Paradisi, nella doppia veste di segretario generale CoPeaM e di responsabile delle Relazioni Internazionali della Rai ha ricordato che il problema del Servizio Pubblico è un problema di Democrazia. Ad oggi ci si è preoccupati troppo di problemi politici, dimenticando forse il ruolo nella democrazia del servizio pubblico stesso. Ha anche ricordato che il problema della concentrazione in poche mani delle fonti di informazione è ad oggi un problema mondiale. Ma ha anche ricordato il valore aggiunto del Servizio Pubblico, in particolare in una società multietnica che obbliga ad una differente forma di dialogo.
I lavori sono stati poi aperti ufficialmente da Giampiero Gramaglia, giornalista Ansa e moderatore dei lavori. Ma prima degli interventi dei relatori Giampiero Gramaglia, ha invitato Nicola Sani a presentare Footprint, la sigla di apertura delle trasmissioni di Raisat, firmata nel 1990 dalla musica di Nicola Sani, appunto, e dalle immagini di Mario Sasso, che ha vinto peraltro il prestigioso premio "Ars Electronica - Golden Nica 1990" a Linz (Austria), massimo riconoscimento mondiale nel campo delle arti elettroniche. A tuttoggi Mario Sasso e Nicola Sani sono gli unici artisti italiani ad essersi aggiudicati questo prestigioso riconoscimento mondiale. Footprint è un vero e proprio video d’autore. Un Museo ideale dello spazio, in cui la musica e l'immagine sono state pensate per costituire un'unica forma di comunicazione audiovisiva. La parte video mostra un viaggio immaginario attraverso gli scatti della terra riprese dal satellite e i segni dell'arte contemporanea. "Il primo museo dello spazio - hanno scritto gli autori - nasce dai paesaggi metropolitani ripresi dallo spazio, dai colori irreali dele telerilevazioni, dai paesaggi dei deserti del Nord Africa, che si trasformano, grazie alla combinazione di tecniche per la computer grafica e la computer animation, nei segni dell'arte contemporanea".
Giuseppe Richeri, Docente di "Strategie dei Media" e Decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università della Svizzera Italiana a Lugano, ha ricordato come sia difficile affrontare direttamente l’idea di servizio pubblico a dimensione europea quando il concetto stesso di servizio pubblico televisivo è da tempo in crisi ed è ovunque oggetto di ripensamento. Un ripensamento che è stato finora centrato prevalentemente su quattro aspetti: il rapporto con il potere politico, la concorrenza col settore privato, le nuove tecnologie, le risorse economiche. E’ cambiata negli anni radicalmente la struttura e la natura del servizio pubblico e forse ad oggi bisogna chiedersi se il pubblico ha ancora nei confronti di questo servizio un’esigenza, come in origine, formativa oltre informativa e di intrattenimento. Questa la domanda radicale che permette di rispondere sulla possibilità o meno di un servizio pubblico radiotelevisivo europeo. In particolare in Italia sarebbe difficile sostenere che le iniziative televisive europee abbiano contribuito ad aumentare sensibilmente la conoscenza e il sentimento di appartenenza europea degli telespettatori italiani. Probabilmente solo i mezzi di comunicazione nazionali e locali, in realtà, sono in grado di svolgere questa indispensabile funzione di mediazione tra “informazione europea” e contesti nazionali e locali. In altri termini le news europee senza un lavoro di “localizzazione” sono difficilmente comprensibili, interpretabili, apprezzabili. La sua proposta quindi è quella di dar vita non ad un nuovo canale, ma ad un’a sorta di agenzia che elabori prodotti semilavorati messi a disposizione dei servizi pubblici locali. Sollecitandoli peraltro sui contenuti di respiro europeo e supportandoli in funzione di connettore fra i broadcaster.
Il professor Uwe Hasenbrick, Presidente Consiglio Direttivo Hans-Bredow-Institut fuer Medien Forschung presso l'Università di Amburgo. Volendo essere sintetico, il Professor Hasenbrick ha dichiarato che una Televisione Pubblica Europea non è possibile, ma forse non è anche necessaria: se intendiamo una televisione pubblica come strumento politico di divulgazione di contenuti, forse la televisione non è il canale più adatto; così come probabilmente non lo è come strumento di formazione all’Europa. Ha poi affrontato il tema posto dal Convegno dal punto di vista del retaggio posto dall’esperienza tedesca, analizzando lo stato delle arti sul come e perché di un Servizio Pubblico Televisivo. Scendendo in dettaglio sul come dovrebbe essere una televisione pubblica europea, i modelli potrebbero essere differente: si può pensare ad un canale PanEuropeo, generalista; l’alternativa è quella di televisione di contenuti di respiro europeo. L’idea è quella di reti flessibili, in dialogo, capaci di fornire dei contenuti a cui possano accedere gli utenti da tutta Europa.
È intervenuto poi Pier Musso, Professore ordinario di Scienze della Comunicazione presso l'Università di Rennes, prossimo peraltro alla pubblicazione dell’opera omnia di Saint- Simon. Egli ci descrive un’Europa audiovisiva che si trova per ora in una posizione schizofrenica barcamenandosi fra il principio fondatore della concorrenza il sostegno industriale ai propri campioni e la salvaguardia dei servizi pubblici come pilastri della democrazia. Difficile in questo contesto parlare di un vero e proprio Servizio pubblico televisivo Europeo diventa difficile, ma piuttosto di soluzioni che vadano comunque incontro ad una condivisione dei contenuti ed alla salvaguardia dei servizi pubblici come salvaguardia della Democrazia. Tutto questo ripercotendo in dettaglio e con chiarezza lungo il cammino del servizio pubblico radio- televisivo in Francia e in Italia. Ha anche ricordato come la soppressione della pubblicità per tutto il settore pubblico, l’obiettivo sia «disconnettere» la televisione pubblica dal mercato e dalla rincorsa dell’audience, in nome della « qualità » e della «cultura». In questo contesto l’Europa audiovisiva si trova per ora in una posizione schizofrenica barcamenandosi fra il principio fondatore della concorrenza il sostegno industriale ai propri campioni e la salvaguardia dei servizi pubblici come pilastri della democrazia. In diretta telefonica è poi intervenuto Enrique Bustamante Ramirez, Professore ordinario di Comunicazione audiovisiva e pubblicità presso l'Università Complutense di Madrid, Membro Consiglio per la riforma dei mezzi di comunicazione di titolarità statale in Spagna. Al centro del suo intervento la preoccupazione attorno all’esito di riforme come quelle adottate in Francia e in Spagna, precedute o seguite da provvedimenti di deregulation che di fatto hanno portato a benefici ai gruppi provati. Con la sola preoccupazione, dei profitti politici a breve termine. Preoccupa constatare che l’indebolimento del servizio pubblico rischia di porlo in una situazione di irrimediabile precarietà. In tutto ciò l’Europa dovrebbe stabilire delle regole, rendendo possibile la realizzazione di uno spazio pubblico radiotelevisivo di respiro europeo, nato da un’aattività di cooperazione fattiva, che si confronti in concreto con la sfida delle nuove tecnologie e della piattaforma digitale.
Francisco Rui Cadima, Coordinatore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell’Università Nuova di Lisbona, è un forte sostenitore di una televisione pubblica europea. Fondamentale che che si chiarisca la missione dei broadcaster pubblici europei. Con una particolare attenzione al ruolo che il servizio pubblico televisivo dovrebbe avere nel consolidamento del progetto europeo. Fondamentale è costruire una nuova strategia di comunicazione europea fondata sull’idea di messaggio e non di massaggio, ricordandosi che l’obiettivo del Servizio Pubblico Televisivo è quello di servire l’interesse dei cittadini non dei consumatori.. Per quanto riguarda poi la verso il mondo digitale, la ridefinizione della missione del servizio pubblico su questo terreno dovrebbe essere accompagnata in un primo tempo dal consolidamento di fronte al modello classico di radiodiffusione, nella fattispecie dei bisogni in materia di qualità e di quantità dei contenuti di origine europea ; occorrerebbe altresì tentare di fare in modo che la presenza sul web degli operatori pubblici sia pienamente garantita in forme diverse da quelle che si limitino a « mimetizzare » iniziative già esistenti. Infine, il servizio pubblico dovrebbe definitivamente rispondere, non tanto alle esigenze audiometriche commerciali, quanto soprattutto ad indicatori qualitativi.
È poi stata la volta dell’intervento di Beata Klimkievicz, Professore Associato dell’Istituto di Giornalismo e di Comunicazione Sociale dell’Università Jagellonica di Cracovia. La professoressa polacca, unica donna relatrice del convegno, ha ricordato la profondissima crisi che attraversano i Media di Servizio Pubblico dalla loro nascita, causa anche la rivoluzione portata dal digitale. E si chiede quindi se il processo di decisione politico risponde alle attese democratiche quando si tratta dei Media di Servizio Pubblico? E se questi si sviluppino verso un modello europeo convergente, oppure se la logica commerciale potrebbe prevalere, ma con il mantenimento del controllo da parte dei partiti politici a detrimento di altre forze rilevanti di una democrazia rappresentativa. Dopo un’analisi dell’evoluzione, in particolare partendo dall’esperienza dei Paesi dell’Est, dei Media dopo il crollo del muro di Berlino, si è chiesta se più che di un broadcasting europeo, non si possa parlare di servizi mediatici pubblici di respiro europeo. Abbiamo senz’altro bisogno di Servizio Pubblico: le nuove tecnologie pongono nuovi rischi di un’informazione priva di precisione e correttezza. Esiste l’esigenza concreta di una garanzia sull’attendibilità dei contenuti.
Ha concluso gli interventi Philip Schlesiger, Professore in "Cultural Policy" e Direttore Accademico presso il Centre for Cultural Policy Research dell'Università di Glasgow, Presidente dell’Advisory Committee for Scotland" - OFCOM Scozia. Sostanzialmente scettico rispetto alla possibilità di una televisione pubblica europea, Schlesinger, partendo dalla riflessione sull’esperienza britannica, si allarga al contesto europeo. La convinzione generale e diffusa è sempre stata che per una completa costruzione di una democrazia europea la premessa fondamentale è un processo di comunicazione condiviso. Ma perché questo avvenga, è fondamentale porci delle domande sulla concezione che abbiamo di cittadinanza transnazionale e anche di fruizione transnazionale di cultura e di ciò che potrebbe motivarle e stimolarle. Partendo sempre dall’esperienza inglese, Schlesinger si chiede poi in quale misura sia ancora ragionevole parlare di televisione di servizio pubblico così come la conosciamo oggi e non sia piuttosto il caso di parlare di "contenuti di pubblico servizio." Parlare di servizio pubblico di questi tempi dovrebbe essere soprattutto parlare di qualità pubblica" del servizio, anche contro e sicuramente al di là della cosiddetta disciplina dei mercati. Se quindi pensiamo che una televisione europea di servizio pubblico sia possibile, è indispensabile presupporre struttura regolatrice europea.
A sorpresa l’intervento del Direttore Generale dell’UER, Jean Réveillon che ha ricordato come molte immagini che condividiamo nel nostro immaginario collettivo, sono state possibili grazie all’Eurovisione. Senza dimenticare esperienze entusiasmanti come Giochi senza Frontiere. Con l’Eurovisione, gente da tutta Europa si trova contemporaneamente davanti allo stesso schermo. Perché servizi di interesse generale ed europeo nascano bisogna chiedersi innanzi tutto il “come”. Soprattutto per non compiere errori del passato. Non condivide il timore un po’ di tutti sulla possibilità di una televisione europea, che anzi è molto importante. Valori come la coesione sociale, il pluralismo dell’informazione, la protezione della dignità umana e molti altri sono contenuti che possono brillantemente essere portati avanti da un servizio di questo tipo. È convinto che il servizio pubblico rimanga forte anche se attaccato, ma anche che il canone sia l’unico strumento per i cittadini per avere potere sul servizio pubblico.
Ha fatto un veloce collegamento telefonico anche Quentin Dickinson, Direttore Redazione Europea Radio France – Bruxelles che riassumento alcuni spunti nati dalle relazioni, ha invitato ad un ottimismo. Cercando nuove audience. Se immaginiamo una televisione pubblica europea che parli della vita istituzionale della Comunità Europea, rischia di avere certo uno scarso pubblico e naturalmente a fallire. Meglio prospettare contenuti europei distribuiti, in base agli interessi anche locali, sulle reti europee.
Tre poi gli interventi, in ruolo di discussant, per sollecitare riflessioni e conclusioni.
In prima battuta Enrico Menduni che ha sottoposto alla platea alcune riflessioni: innanzitutto Menduni è convinto che qualsiasi iniziativa di sviluppo dei servizi pubblici sono possibili solo in un ambiente tecnologico digitale con forme di pagamento degli utenti; che forse non sarà possibile ottenere l’accordo di tutti su un servizio europeo, ma certo sono auspicabili iniziative plurime, in senso produttivo e di messa in onda, che sappiano cooptare anche energie di altro tipo, ivi comprese le reti comunitarie e i contenuti generati dagli utenti; che però non possono limitarsi all’informazione sull’Unione europea o alla divulgazione delle sue politiche. Su questo presupposto ha posto alcune domande (vedi cartella allegata).
Enrico Grazzini, giornalista ed analista esperto di nuovi media, si chiede se la pura riproposizione del servizio pubblico in senso tradizionale sia ancora possibile. Pubblico probabilmente non vuol dire che possa essere definito come tale il servizio che sia eccellente. Siamo in un mondo che si avvia all’on demand, la gente è sempre più consapevole dei mezzi. Servizio pubblico dovrebbe voler dire abilitare la gente ad un utilizzo consapevole e completo dei mezzi. I giornali hanno sottovalutato queste questioni fino a quando la crisi non è stata verticale. Quale può essere il ruolo del servizio pubblico con un pubblico attivo?
Andrea Melodia, Professore alla Lumsa di Roma. In Europa i servizi pubblci radio-televisivi sono in crisi, per ragioni economiche o politiche. Eppure il bisogno di servizio pubblico è sempre più pressante, perché siamo in una società che si prepara a vivere una profonda trasformazione. Che rifiuta per esempio l’usi del conflitto armato e ha bisogno quindi quanto mai di comunicazione. Fondamentale quindi il ruolo dei media. Occorrono delle linee guida, qui il ruolo del servizio pubblico, fondamentale.
Bruno Somalvico, Segretario di Infocivica, ha auspicato che lo stesso tavolo di discussione si ritrovi nel 2015, in occasione del 150enario, per discutere fattivamente su una definizione del Servizio Pubblico.
Alcune brevi riflessioni sono nate a ribattuta:
Hasebrinck ha proposto che si lavori a nuovi contenuti per il servizio pubblico, con attenzione alle effettive esigenze proposte dalla gente.
Musso ha sottolineato che dobbiamo uscire dall’ebbrezza del tecnologismo, sempre ricordando che il cittadino non è un consumatore.
Cadima ha ricordato ancora una volta i compiti deontologici del servizio pubblico: conoscenza, cultura, il consolidamento del progetto europeo.
La Professoressa Klimkiewick ha sottolineato come l’adattamento dei servizi pubblici all’online sia ovviamente indispensabile. I nuovi media hanno una potenzialità di utilizzo che è tutta da scoprire. Senza dimenticare che i contenuti dei servizi pubblici vadano senz’altro definiti a livello nazionale e sopranazionale.
Schlesinger ha ricordato come questi siano senza dubbio tempi spinosi di confronto e definizione. Tutte le volte che si parla di servizio pubblico ovviamente ci sono conflitti. Ancora non sappiamo come nuovi schemi del consumo media possano nascere e far crescere le nuove e future generazioni. Sono molteplici in questo scenario le domande aperte. Le istituzioni sono elementi fondamentali per riprodurre valori. Centrale è la domanda sull’autorevolezza delle fonti.
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