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Seminario di Infocivica

ROMA - mercoledì 11 gennaio 2012

Consiglio Italiano Movimento Europeo
Piazza della Libertà 13 - quarto piano 
ore 14.30-18.30 

Quale ruolo della Rai nella fase due del Governo Monti ? 


Michele Mezza

 

Elementi per un seminario su un nuovo modello di welfare della comunicazione. La Rai come un taxi multimediale?

 

La fotografia che ci documenta gli ultimi istanti di vita di Gilles Jacquier, il giornalista francese ucciso a Homs dalla repressione siriana, ci parla anche del modo in cui fare il nostro mestiere di giornalista, e del modo in cui un'azienda editoriale deve oggi organizzarsi per parlare ad una comunità, o, nel caso di un servizio pubblico ad un intero paese.

Con il giubbotto anti proiettile e la telecamera in spalla, Jacquier, arriva per prima lì dove esplode una granata, e diventa il bersaglio di un secondo ordigno che lo uccide.Una scena che oltre che raccontarci il pacato coraggio di chi di mestiere deve arrivare per primo, ci dice anche che oggi la fabbrica delle notizie lavora in maniera diversa da come, in Italia, e alla Rai in particolare, si trattano le informazioni .Lavora con figure professionali, modelli produttivi, ambizioni personali, obbiettivi editoriali evoluti rispetto alla tradizione analogica. Di questo si deve parlare quando si riflette sul caso della Rai. Come riorganizzare un'azienda che produce senso comune e servizi professionali adeguati ai nuovi tempi. A Partire dalla fatidica domanda di come mai un'azienda che dispone di 2000 giornalisti deve essere strutturalmente tributaria, in tutti i campi, per le sue fonti da un'altra azienda che ne dispone di soli 600, come l'ANSA?

E per questo abbiamo che l'associazione InfoCivica ha organizzato un seminario per capire. Un'occasione di lavoro per interrogare competenze e saperi sulla giustificazione e plausibilità di una gamma di proposte che si vogliono mettere sul tavolo di un dibattito che stenta a decollare.

E mentre si cerca il bandolo della matassa, la Rai si logora. Oggi è l'idea stessa di un grande servizio pubblico radiotelevisivo che sembra trovarsi in contromano rispetto al flusso generale del paese. Una Rai che sembra quasi impacciare persino i suoi pretendenti o protettori di un tempo.

Le criticità economiche , che balzano all'occhio, insieme ad una inefficienza del suo funzionamento, sembrano derubricare la Rai al caso dei Taxi: un servizio utile ma che oggi non serve così come è organizzato. La Rai è un gigantesco Taxi che va liberalizzato, modernizzato, adeguato al mondo contemporaneo.

Se il problema è allora quello di dare una nuova identità, condivisa e funzionale al comune sentire del paese alla Rai, allora il problema della governance, del suo sistema di comando, che pure è un'emergenza, non può essere la priorità.

Una governance di un'azienda, in particolare di un servizio pubblico non può essere elaborata separatamente dalla mission e dalla natura del servizio che rendono l'azienda essenziale.

Anche perché, se davvero si potesse procedere in maniera chirurgica, a sostituire la testa, lasciando intatto corpo e missione dell'azienda non si comprenderebbe perchè negli ultimi 30 anni non ha mai funzionato in senso corretto il modello di governance che la politica imponeva dall'alto.

Bisogna allora ripensare l'idea, la filosofia, la mission del servizio pubblico in un contesto segnato da un' abbondanza dell'offerta, da un più facilitato accesso al mercato anche per soggetti minori e meno dotati tecnicamente, e , sopratutto, da una diversificazione estrema dei gusti e bisogni di ogni cittadino. Esattamente l'inverso del quadro che aveva visto nascere ed affermarsi il monopolio, prima e il duopolio poi, del broadcasting.

Vertice senza bussola

Tanto più che ci troviamo dinanzi un'azienda prostrata nelle possibilità di competizione,e priva di una lucida strategia industriale e culturale. Il vertice attuale della Rai sembra privo di ogni orientamento e obbiettivo che non sia l'apparente e ragionieristica riduzione di spese generiche.

Il 2011 si chiude per la Rai con uno sbrigativo annuncio di un piano congiunturale che vede tagliare risorse, servizi e funzioni, costitutive dell'idea stessa di un servizio pubblico unitario. Ma domani cosa accadrà? E' lecito immaginare che non si riproduca lo stesso deficit che oggi viene in parte tagliato?

Il Corriere della Sera proprio nei giorni successivi alla Befana pubblica una pagina che suona come una lapide per la Rai: : 250 milioni bruciati in 5 anni. E si lascia intendere, che nei prossimi 5 anni si potrebbe riprodurre lo sfacelo.

Una fornace che continua a bruciare. E ora ? Cosa vuol dire tagliare spese ordinarie, in alcuni casi anche essenziali, senza riuscire ad individuare le cause strutturali delle diseconomie?

Un ex direttore generale della Rai, Gianni Locatelli, il direttore del consiglio di amministrazione professori del 1993, afferma in un'intervista che a logorare la Rai non è stata tanto la politica quanto il tempo. Ossia l'evoluzione tecnologica e il cambiamento degli utenti. Sono assolutamente d'accordo. Bisogna ripensare il servizio pubblico all'interno di questi due fattori innovativi: forme tecnologiche a rete,sempre più miniaturizzate ,e domanda sociale sempre più individualizzata e on demand.

Invece assistiamo a tagli lineari e inerzia rispetto all'evoluzione del modello produttivo.

In particolare le misure elaborate dal DG Lei, sembrano addirittura ridimensionare la stessa mission della Rai, che sempre meno si propone come strumento del sistema paese, come dimostra la soppressione della convenzione con la Presidenza del Consiglio sulle attività all'estero.

Al di là del merito delle singole misure, stupisce constatare la mancanza di una strategia, seppur di ripiegamento, come si rileva anche nell'intervista di fine anno al Corriere della Sera dello stesso DG: quando si deve arretrare se manca una bussola su dove attestarsi per poter ripartire, allora siamo in presenza di una rotta.

Rimettere al centro un'idea forte del servizio pubblico e non il perimetro del servizio pubblico. Per questo abbiamo scelto di confrontarci, in questa prima fase, con tre livelli di competenza che potessero validare o meno un approccio che da tempo Infocivica ha adottato, ossia una riflessione che coniughi, strettamente una formula innovativa per la governance ( un collegio di saggi che sia costituente di una rapi più impresa per fare più servizio pubblico) con una strategia industriale di stampo europea. I tre livelli prescelti sono :

In ambito giuridico valutare modalità e agganci reali per dare alla Rai una nuova base di rappresentanza di interessi più decentrati e articolati sul territorio: di questo abbiamo discusso con Nicola D'Angelo, membro dell'Ag Com.

Il secondo tema, riguarda la pianificazione e il governo dello spettro elettromagnetico e la dolente vicenda delle frequenze, su cui abbiamo chiesto lumi al professor Antonio Sassano, già consulente del sistema nazionale di riordino delle frequenze

Ed infine il contesto europeo e le tendenze emergenti in ambito internazionali che si sono rappresentato da Erik Lambert esperto di comunicazione e consulente strategico di imprese ed enti nazionali ed esteri.

A loro abbiamo posto alcuni quesiti per avviare una riflessione guidata e fondata su dati di fatto.

A partire da una riflessione generale che ipotizzava una radicale trasformazione del quadro di riferimento, anche in conseguenza di un cambio netto dell'orizzonte politico e delle forze che oggi interloquiscono con il sistema decisionale.

In questo contesto si rendono plausibili ormai anche posizioni che in altri tempi sarebbero suonate blasfeme. Una , che sta risalendo la china della credibilità e della praticasbilità riguarda l'idea di servizio pubblico come valore condiviso dell'intero mercato audiovisivo nazionale. Un'idea che mira, ovviamente a condividere, innanzitutto, le risorse del canone.

Una seconda posizione che considero oggi sempre più utile a dare un nuovo orizzonte strategico all'idea di una servizio pubblico nazionale concentrato in un'impresa competitiva, riguarda la deverticalizzazione della stessa impresa pubblica. Ossia l'idea che il servizio pubblico sia un'attività di linguaggio e non di distribuzione, e dunque si potrebbe immaginare un'azienda che assomigli più ad un'agenzia di contenuti allocati su ogni tipologia di piattaforma e di canale distributivo.

Concretamente chiediamo se sia possibile pensare ad una RAI senza infrastruttura? Più Endemol che Mediaset? Una grande agenzia multimediale che produca comunque il 20 % della messa in onda sulle reti nazionali?

La differenza fra canone e pubblicità invece che legarla alla produzione possiamo pensarla declinata con la distribuzione?

I quesiti di partenza che abbiamo posto allora sono:

Come vitalizzare il sistema nazionale della comunicazione separando reti e contenuti?

Che Rai si ricaverebbe da quest'operazione?

Saremmo in condizione di estenderla a tutto il mercato?

E di conseguenza ci chiediamo:

Qual'è l'idea di azienda pubblica che può emergere in questa congiuntura?

Quale mission può sostenere il ruolo della Rai?

Quali modello istituzionali e di governance sono coerenti con una nuova mission?

Quali esempi europei da seguire?

Quali schieramenti ipotizzabili per un riassetto dell'Eurovisione?

 

La Politica non beneficia più del servizio

2. Il secondo ordine di temi , ci porta ad alzare lo sguardo sullo scenario politico-istituzionale.

Il ridimensionamento della massa critica di Rai avviene in un contesto politico istituzionale segnato da un Governo che sembra orientato ad imboccare una linea di semplificazione lineare dell'insieme del welfare nazionale. Un ridimensionamento che risponde sia ad una logica di stretto controllo di una spesa che pare ingovernabile, ma anche ad una esplicita domanda che ci viene dai partner finanziari esteri del risanamento italiano, che sollecitano un minore presidio dei mercati pregiati da parte di aziende pubbliche o controllate dalla politica. Contemporaneamente ci pare di cogliere una certa improvvisa afasia da parte del sistema dei partiti, che sazio di occupazioni e lottizzazioni appare reticente di fronte a nodi strutturali del sistema comunicativo italiano .In particolare per la Rai, dopo anni di incessanti richieste di un passo indietro della politica, vediamo i partiti, compiere passi oltre la Rai, lasciando l'azienda pubblica indifesa e priva di mandato dinanzi ad una stretta del mercato.

Chiediamo al sistema delle competenze:

Quale ruolo della Rai nella fase due del governo Monti?

Quale riforma potrebbe essere nell'orizzonte del governo: governance?

Finanziamento? Frequenze? Pubblicità? Offerta pluralisticamente lottizzata?

Partiti distanti o disinteressati dei destini del servizio pubblico?

Quale le pressioni del mercato internazionale: sbloccare il duopolio?

Indebolire il sistema industriale nazionale?

Come la BBC almeno nel capire il contesto: Sopa e Pipa all'attacco. La connect TV: chi guida l'innovazione?

3. E' difficile elaborare un'analisi delle tendenze e delle dinamiche che si muovono sullo scenario televisivo , senza avere una chiara percezione di cosa si muove sullo scenario globale della comunicazione.

Siamo in un fase dove si intensificano i conflitti, e dove la transizione dai modelli analogici a quelli digitali stanno registrando una dura selezione della specie. In particolare ci pare di cogliere due linee conflittuali.

Da una parte si fa più duro lo scontro fra i net provider e i content provider, con i grandi centri servizi ( Google, facebook, Twitter) che stanno insidiando e sbriciolando gli assetti proprietari del copyright più pregiato, come il cinema e lo sport.

Dall'altra parte, in apparente contraddizione, sembra vedere anche una forte tendenza degli stessi net provider a sostituirsi agli editori tradizionali, secondo una linea che vede un'inversione di ruoli fra chi vendeva servizi e oggi tende a smistare contenuti ( AOL/Huffington Post-La Google TV-Telecom/La 7)) e invece chi vendeva contenuti che si propone come centro servizi ( Murdoch /Ipad,Washington Post).

Fondamentale in questa logica è la necessità di porre a base di un nuovo protagonismo di un sistema multimediale pubblico l'autonomia e la sovranità della cultura locale nell' elaborazione di algoritmi sensibili. La centralità che il software sta assumendo nell'intermediazione di ogni attività discrezionale e culturale rende la capacità di interlocuzione di un paese sul mercato tecnologico, in chiave non subalterna, essenziale per la sua capacità di autogoverno.

Così come è indispensabile che si pongano al servizio pubblico obbiettivi di elaborare soluzioni inclusive, e non monopoliste nell'elaborazione di servizi e contenuti, privilegiando le applicazioni non proprietarie

Contemporaneamente l'irrompere dei nuovi standard visivi , come HD e il 3D, sembrano imporre una nuova torsione al mercato, aprendo la strada ad una nuova centralizzazione del sistema televisivo, che tende a concentrarsi da una parte in pochi gruppi globali ( Disney, Murdoch, HBO), che grazie a grandi risorse monopolizzano i grandi diritti che possono sostenere l'impegno della triade grandi televisori, grandi contenuti, grandi costi; mentre dall'altra parte la TV nazione cerca, proprio nella transizione alla net Tv, nuove formule per reggere almeno come seconda istanza nei vari stati europei

Quali schieramenti in campo sul mercato multimediale?

Quali le forze più orientate ad aprire il mercato, e chi oggi mira ad instaurare una nuova centralizzazione?

Quali regole e quali norme possono accompagnare un ulteriore apertura e liberalizzazione dell'offerta?

E' il tempo per una svolta, in chiave europea, degli standard di copy right?

Quali dinamiche sono riconoscibili nel campo dell'informazione e del sistema audiovisivo?

4. Nella geografia dei conflitti tecnologici e politici , la Rai appare, sola, senza mission e con una ridotta base sociale ad affiancarla nella transizione. Bisogna ricostituire questo spessore di mandato e di missione per un servizio pubblico che non può più contare sul suo tradizionale sex appeal politico istituzionale.

E' necessaria che la nuova governance, che ridia agibilità e agilità professionale all'azienda sia pensata come conseguenza di una rinnovata rappresentatività dei soggetti trainanti del sistema paese.

In questa chiave, riflettendo sul riassetto del mercato globale della TV, e sulle dinamiche conflittuali che agiteranno lo scenario tecnologico, appare essenziale coinvolgere la filiera dei territori , in particolare dei poteri locali, che insieme al sistema a cespugli dell'economia, rappresentano la spina dorsale del modello Italiano.

Per questo vogliamo ragionare su un sistema relazionale che concepisca la rai come agenzia della transizione al digitale dei linguaggi comunicativi italiani. Pensiamo alla riconfigurazione del welfare locale, dell'intero sistema dell'informazione territoriale, dei nuovi modelli di servizi mirati per il cittadino, e anche all'allestimento delle nuove infrastrutture multimediali (connettività, memorie, sistemi di monitoraggio, linguaggi di georeferenzazione, promozione internazionale).

Accanto al comparto del welfare digitale si intravvede anche un nuovo mercato dell'audiovisivo locale, legato alla capacità di orchestrare e valorizzare talenti, competenze, saperi e imprese dell'intera filiera multimediale. In questo contesto riteniamo essenziale che il servizio pubblico sia agganciato, economicamente ed istituzionalmente all'articolato sistema delle autonomie locali, mediante un modello di convenzioni regionali che fissino mandati e obbiettivi competitivi dei territori. La conferenza Stato Regioni potrebbe essere il riferimento di composizione nazionale di questo processo di nuova rappresentatività del servizio pubblico

Quali le basi giuridiche ed economiche di una relazione diretta fra Rai e sistema delle autonomie locali?

Quali meccanismi economici possono sostenere il modello?

Quali competenze tecnologiche e di sovranità nel campo delle frequenze e del governo del sistema elettromagnetico possono rafforzare il protagonismo delle regioni?

Quali gli esempi internazionali?

Quale la prospettiva di una strategia unitaria in chiave europea per il welfare della comunicazione che dia nuovo ruolo alle televisioni nazionali?