INFOCIVICA ritorna alla home “Infocivica vuole  facilitare il rapporto tra i cittadini, le istituzioni e gli organismi pubblici favorendo l'ideazione e la realizzazione di programmi di servizio pubblico e 
di servizi di pubblica utilità nella società dell'informazione.“
Home
Chi siamo
Documenti
Proposte editoriali
Eventi
Media Club e Forum di Infocivica
2004 - Un progetto per la comunicazione radiotelevisiva e multimediale di servizio pubblico - dal Manifesto programmatico
2004 - Televisione e convergenza: domani o dopodomani ?
di Bruno Somalvico

 

INFOCIVICA. UNO STRUMENTO DI DEMOCRAZIA PER LA SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE

di Andrea Melodia

Il più importante tra i mass media, la televisione, sembra essere uscita dal ventesimo secolo con una immagine appannata, quasi vergognosa ormai del ruolo sociale svolto per alcuni decenni, decisamente orientata a una funzione ludica e edonistica, appagata del mantenuto successo commerciale. Proprio per questo motivo dobbiamo tornare a parlare del suo ruolo sociale, e in particolare del suo ruolo nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni.

Aveva forse ragione Neil Postman quando, di fronte ai pericoli dell'invadenza di un Grande Fratello orwelliano che ispirato ai totalitarismi del secolo si dedicasse al controllo degli individui, indicava piuttosto il rischio di un modello più subdolo e strisciante, quello immaginato da Aldous Huxley nel suo Mondo Nuovo, nel quale il piacere individuale e la tecnologia biologica sarebbero stati i collanti della omologazione collettiva. In effetti le ideologie totalitarie sono cadute, l'uso propagandistico dei media si è stemperato – ma certo non è cessato – e i media continuano a svolgere verso la società civile un ruolo quanto meno ambiguo.

Le opinioni sono ovviamente molteplici. In estrema sintesi, si può essere d'accordo sulla liceità di un uso dei media orientato al profitto, e il principio del piacere ne costituisce legittimamente la principale fonte energetica. Ma non ci sono altre necessità? Sono diminuite alcune tra le motivazioni essenziali che negli anni '50 hanno accelerato la diffusione della televisione: il bisogno di conoscere un mondo prima irraggiungibile ai più, quella di semplificare e avvicinare i sistemi linguistici e culturali, quella di assistere l'urbanizzazione e la modernizzazione. Ma non ci sono nuove motivazioni?

I media sono percorsi da mode, spinte ai consumi e agli stili di vita soprattutto giovanili, che alcuni ritengono funzionali alla evoluzione sociale, altri indicano come elementi di disgregazione e di decadenza. In termini valoriali queste tematiche comunque sembrano riguardare la vita privata. Il benessere collettivo appare abbondantemente trascurato anche nell'immediato, quasi fosse estraneo al mandato dei media.

Nella tradizione culturale delle società europee di televisione pubblica la progressiva rinuncia, l'una dopo l'altra, alle funzioni tipiche di servizio pubblico dovrebbe essere fortemente traumatica. Eppure alcuni di questi traumi si sono già consumati senza che si levassero grandi pianti: che dire per esempio sulla velocità con cui RAIUNO ha imitato il suo principale concorrente, CANALE 5, nel rinunciare a una offerta pomeridiana dedicata ai ragazzi? O che dire a proposito di un sistema di informazione sulle istituzioni attento soprattutto agli interessi degli individui e dei gruppi anziché a quello della collettività?

Molti interpretano il servizio pubblico come indissolubilmente legato all'audience generalista. Se questa venisse meno, argomentano, il servizio pubblico ne risulterebbe svilito e delegittimato. Tuttavia il prezzo della delegittimazione non si dovrebbe pagare abbassando la qualità oggettiva dell'offerta. Invece pochi programmi di qualità o con specifiche finalità di servizio in fasce di basso ascolto fanno da foglia di fico, in condizioni di sostanziale trascuratezza editoriale, alle cadute di livello del prime time e di altre fasce importanti.

Eppure il fenomeno centrale dei media in questi anni è la diversificazione. I canali si moltiplicano, in qualche caso si semplificano e i costi si abbattono, i giovani assaporano la possibilità di uscire dal ruolo passivo, di trasformarsi in produttori di media. La rivoluzione digitale accompagna l'illusione che tutto sia possibile; ma per qualche eccezione che vede informazioni autogestite e prodotti fatti in casa accedere ai grandi media industriali resta la regola di una comunicazione di massa rigorosamente centrifuga. Il broadcasting generalistico ne è ancora il massimo esempio vincente. Dunque sono canali fortemente minoritari quelli che gestiscono le questioni sociali. Solo la discussione politica, spesso intesa nelle sue manifestazioni più spettacolari e conflittuali, trova parziale sbocco nel mainstream . Altri casi di spazi protetti possono apparire cocciutamente sopravvissuti a esigenze superate, retaggi del passato destinati a sparire.

Bisogna sgomberare la mente dalle ideologie e dalle opinioni sentimentalmente radicate per cercar di capire se i media abbiano altri ruoli da svolgere, ovvero se possiamo permetterci solo questo uso dei media . Non è questa la sede per affrontare un tema molto complesso, quello della qualità, che pure non è estranea al discorso che stiamo svolgendo; limitiamoci alla questione specifica dell'accesso della comunicazione pubblica ai grandi media.

Oggi i servizi al cittadino, l'accesso alle informazioni specifiche, l'interattività di servizio, i generi educativi possono trovare specifici canali di diffusione a costi relativamente contenuti. Perché dunque preoccuparsi se i grandi canali maggioritari seguono strade più facili e competitive?

Questa è una opinione diffusa che non deve essere trascurata: potrebbe essere quella storicamente vincente.

Assecondando questo orientamento forse maggioritario, occorre un vero e proprio sforzo diretto a far rinascere su canali dedicati alcuni compiti tradizionali del servizio pubblico, quelli che rischiano di essere travolti dal mainstream generalistico . Probabilmente questa è la principale strada che consente di rivitalizzare questo tipo di domanda e di offerta. È un compito essenziale; prima di affrontare una seconda conclusione, che ci porterà ad affermare che questo percorso è necessario ma non sufficiente, soffermiamoci dunque ancora su questo punto; e inseriamo qui anche l'iniziativa di Infocivica .

La moltiplicazione dei canali ha cancellato la logica principale di una politica diretta a esaurire il valore del servizio pubblico nei canali generalisti. Se non si riesce a conservare la linea editoriale di un canale generalista su un percorso coerente, eventualità oggi trascurata anche per le oggettive difficoltà della competizione degli ascolti, occorre almeno favorire la disponibilità di quei servizi e di quel livello qualitativo, anche in orari di prime time, su canali più decentrati. Forse questo rilegittimerà il servizio pubblico e anche il canone; se i buoni programmi esistono, dovranno accorgersene anche gli spettatori che guardano la TV solo nel tardo pomeriggio o nelle prime ore serali.

Dicevamo di Infocivica. Dietro questo nome per il momento c'è una Associazione, di cui è Presidente il prof. Bino Olivi, che si ispira alle riflessioni svolte ad Amalfi nel settembre del 2000 in un seminario – poi pubblicato da Stefano Rolando su questa rivista - nel quale si analizzarono le esigenze di comunicazione tra i cittadini e le istituzioni e in particolare venne dibattuta la proposta di un canale televisivo dedicato, chiamato appunto InfoCivica. Non sono stati molti da allora i passi concreti, ma le motivazioni si sono rafforzate e la neonata associazione sta elaborando un programma ambizioso. Esperti a livello accademico o pubblicistico in tematiche legate alla comunicazione e alle sue tecnologie, rappresentanti della pubblica amministrazione attivi nella comunicazione, manager di aziende di comunicazione, professionisti della comunicazione, giornalisti motivati hanno raccolto le loro forze per realizzare il libero scambio tra cittadini e istituzioni e rinsaldare nella coscienza di ciascuno la necessità di tutelare il patrimonio acquisito con la Carta costituzionale. “La nostra è una storia di lacerazioni e divisioni e noi dobbiamo imparare a confliggere e dividerci, secondo lo spirito del maggioritario, senza mettere in discussione senso della nazione, senso dello Stato e senso delle istituzioni.”

In spirito di totale autonomia da ogni tipo di interferenza, rigorosamente in equilibrio rispetto allo scontro politico, Infocivica si batterà perché il rinnovamento delle istituzioni coinvolga fino in fondo i cittadini, ai quali devono essere garantiti la disponibilità di strumenti di informazione liberi e l'accesso a quelle forme di interattività, di partecipazione e di decentramento che nella moderna società dell'informazione possono diventare strumenti di democrazia. Si è infatti convinti che la disgregazione sociale derivi dalla banalità e dal disimpegno di forme comunicative massificate ed esteriori piuttosto che dalla apparente dissonanza di opinioni comunque volontarie e in qualche modo mature. “Ciò deve ridare fondamento e legittimazione alla stessa organizzazione del sistema politico e istituzionale, in quanto sistema della società complessa differenziato ed autonomo rispetto al sistema dell'economia.”

L'Europa, le sue istituzioni, la crescita del “sentire comune” tra i suoi popoli sono tra gli obbiettivi di Infocivica. Dopo i decenni in cui la televisione ha costruito una lingua comune nelle nazioni, ora forse è giunto il tempo di usare la televisione per costruire il senso dell'Europa, cominciando dal rapporto tra i cittadini e le istituzioni preposte a gestire l'unione del continente. Forse verrà un tempo, quando i nazionalismi si saranno assopiti, per costruire anche una lingua e una cultura comune.

Partendo da questi principi, Infocivica riprende gli studi e le iniziative per la costruzione di attività specifiche. Si tratta di far convivere nella pratica dei palinsesti di TV, radio, siti web e altre produzioni multimediali l'informazione istituzionale, quella di servizio e una selezionata gamma di offerte a contenuto storico e culturale con una mediazione professionale che ne garantisca autorevolmente la piena fruibilità e che sappia sollecitare le risposte attive dei cittadini. È questo un passaggio obbligato per ridare credibilità alle istituzioni. Proclamando la propria insostituibile necessità e utilità sociale al più alto livello della comunicazione professionale, e non mescolandosi ai consumi di massa, questi canali troveranno legittimazione e sostegno economico pubblico e privato.

C'è infine un altro livello del discorso, che ci riporta a parlare dell'audience generalista. La convinzione, agli albori i questo XXI secolo, che la televisione generalista, il mass medium per eccellenza, il canale “nazionale” con i suoi milioni di spettatori reali o potenziali, non abbia affatto esaurito il suo compito sociale. E quindi, la “segreta” convinzione che se lavoriamo a rivitalizzare la comunicazione pubblica anche nella televisione, a lungo andare, questo tornerà utile anche al mainstream generalista.

L'ultimo mezzo secolo, almeno in Europa, è stato tra i più pacifici della storia. Non vogliamo pensare al pericolo di guerra, oggi per fortuna lontano; ma sono molteplici i rischi di crisi sociale di varia gravità. La sensibilità moderna ha accresciuto il livello di attenzione, ed è sempre più facile che la società “vada in crisi”: per motivi politici, economici, meteorologici, di traffico, di ambiente, di sanità, di distribuzione energetica, di infrastrutture di comunicazione, di carenze assistenziali o scolastiche, …

Queste crisi esigono non solo risposte delle istituzioni, ma lo sviluppo di canali comunicativi dedicati per la raccolta interattiva di informazioni e la loro diffusione su molteplici media, compresi i grandi canali generalisti. La capacità di questi ultimi di rispondere ai grandi eventi pubblici al fine di consentire coesione sociale potrebbe alla lunga essere il principale motivo della loro sopravvivenza, di fronte alla offensiva specialistica e tematica dell'offerta multicanale.

Se si cerca dunque di valorizzare le funzioni pubbliche della comunicazione televisiva non lo si fa perché si sogna l'irripetibile “qualità” del servizio pubblico del monopolio. Quello che si cerca non è un ritorno al passato, ma uno sguardo vigile ai problemi del futuro.

Roma, 29 gennaio 2004

Vicepresidente dell'Associazione Infocivica – Gruppo di Amalfi.

Dall'intervento di Licia Conte, consigliere di Infocivica, all'incontro di avvio dell'attività associativa.

Dall'intervento di Rodolfo Falvo, consigliere di Infocivica, all'incontro di avvio dell'attività associativa.