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di servizi di pubblica utilità nella società dell'informazione.“
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Media Club e Forum di Infocivica

Calendario dei seminari preparatori (5.5 - 5.6 - 5.7 - 5.8: date e sedi da confermare)

5.6 - Idee, proposte e raccomandazioni del Gruppo Europeo di Torino

Commissione Europea - Rappresentanza in Italia

IDENTITA’ E DIVERSITA’ DELL’EUROPA 
L'integrazione comunitaria nelle prospettive del
servizio pubblico crossmediale


Iniziativa di Infocivica e Gruppo Europeo di Torino
in vista di una Conferenza Europea su

I MEDIA DI SERVIZIO PUBBLICO
NELLA SOCIETÀ DELL’INFORMAZIONE E DELLA CONOSCENZA


5. Calendario dei seminari preparatori


5.2 Seminario di Torino, nell’ambito della 63ema edizione del Prix Italia, 21 settembre 2010


LA TRASFORMAZIONE DELLA SOCIETÀ E LA NUOVA
MISSIONE DI SERVIZIO PUBBLICO NELLA
SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE E DELLA CONOSCENZA

In questo seminario è stato discusso un Rapporto preliminare al primo tema che affronterà il Libro Verde, in previsione della Conferenza Europea di Torino nel 2012

Analisi della nuova domanda di servizio pubblico e definizione della nuova missione del servizio pubblico in un ambiente multipiattaforma

relatore Prof. Philip Schlesinger, Università di Glasgow,
co-relatore Prof. Michele Sorice, LUISS

Link al programma

SINTESI DEL PRIMO SEMINARIO DI APPROFONDIMENTO

SALUTI DI APERTURA

Alle 09.15 presso l’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, in occasione della 62a edizione del Prix Italia, si è aperto il Seminario organizzato da Infocivica con la collaborazione della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea e della Fondazione Bordoni.

Titolo e tema: La trasformazione della società, la domanda e la nuova missione dei media di servizio pubblico.

Ha aperto l’incontro Giovanna Milella ricordando come questo sia più di un semplice seminario: si tratta infatti della tappa di un percorso ben preciso avviato già lo scorso anno, nel settembre 2009. Riagganciandosi alle celebrazioni del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia, ha sottolineato la complessità e l'importanza dell'iter intrapreso. Secondo il Segretario Generale del Prix Italia è fondamentale pensare e creare solidi collegamenti in Europa, soprattutto in questo momento di impetuoso sviluppo con forti implicazioni nel campo economico e tecnologico che chiamiamo globalizzazione. È importante passare da un’unità storica ad una reale. Attraverso la comunicazione l’Italia può ritrovarsi al centro di un processo di riunificazione e di crescita per cui è nuovamente basilare assegnare una nuova mission del servizio pubblico.

La parola è passata a questo punto a Giampiero Gramaglia, consigliere per la comunicazione dell'Istituto Affari Internazionali di Roma e neo Direttore della Agence Europe a Bruxelles, che presiede e modera l'incontro, il quale passa la parola a Marco Simeon, direttore Relazioni Istituzionali e Internazionali Rai.
Il mondo della televisione e del servizio pubblico è cambiato - ha detto Marco Simeon - e sono cambiate le esigenze del settore. Correre dietro alle esigenze del mercato ha forse distolto l'attenzione dai contenuti che deve fornire il servizio pubblico. Anche il passaggio alle nuove tecnologie è una rivoluzione che segna solo l’inizio di un percorso e che va portato avanti con un impegno al quale la Rai certamente non intende sottrarsi.

La parola passa quindi a Gerardo Mombelli, Presidente di Infocivica, il quale sottolinea che l'Associazione è pienamente consapevole della differenza che passa fra una discussione seminariale e un ambizioso progetto, che prevede un lungo lavoro quale quello che ci prefiggiamo. Non si tratta di differenza quantitativa: per riuscire sono necessari finanziamenti, ma anche una più precisa definizione di obiettivi e traguardi.

Interviene a questo punto Robert Castrucci che parla a nome del Presidente della Fondazione Ugo Bordoni, Enrico Manca testimoniando l’interesse sia della Fondazione Bordoni, ente di ricerca sulle telecomunicazioni, ma anche quello personale di Enrico Manca, il quale ha sempre dimostrato di avere a cuore la sorte del sistema televisivo italiano e in particolare del servizio pubblico. La convergenza delle tecnologie, intanto, impatta sull’utente televisivo che inizia a vivere in modo differente la propria dieta mediatica. La televisione tradizionale non è più egemone ed esiste il rischio che i media non siano all’altezza delle esigenze del pubblico. Al di là dell’offerta generata su internet occore identificare nuove tipologie ibride di offerta fra servizi lineari e servizi a richiesta. Viceversa il rischio è quello di venire bypassati. È fondamentale affrontare una tale transizione conferendo una solida governance del servizio pubblico.

RELAZIONE DI APERTURA - 1, Centro di Ricerca di politica culturale Università di Glasgow

Al Professor Philip Schlesinger è stato affidato il rapporto introduttivo al Seminario dedicato alla Trasformazione della società, la domanda e la nuova missione di media di servizio pubblico nella società dell’informazione e della conoscenza. Attraverso questo rapporto il Professore si propone di fornire alcune riflessioni intorno al cambiamento epocale che stiamo vivendo nel mondo delle comunicazioni elettroniche. A suo parere esiste senz’altro uno spazio in cui possano intervenire gli esperti del Gruppo Europeo di Torino nel processo di revisione della mission dei media di servizio pubblico. E’ assodato che stiamo trasmigrando ad un sistema crossmediale. E questo pone indubbiamente il problema delle infrastrutture. Intanto ad oggi molti cittadini non hanno ancora accesso alla banda larga o addirittura non se la possono permettere. Risulta quindi fondamentale il problema democratico dell’accesso al servizio. Il contesto Comunitario intanto è tutt’altro che unitario. Ci sono poi alcuni temi fondamentali da considerare: sembra che il sistema sia volatile anche in Italia e il mercato è estremamente segmentato. Nel Regno Unito la banda larga è stato il mezzo di comunicazione più usato nel corso delle elezioni: c’è senz’altro una migrazione soprattutto da parte dei giovani, ma la rivoluzione digitale non è così lineare. Il clima di austerità e il taglio dei servizi pubblici stanno aumentando il divario fra i cittadini. Questo in tutta Europa. Dall’altra parte l’Europa sta vivendo forte la crisi dei nazionalismi e Schlesinger vede difficile un’unificazione culturale. La sfida della multiculturalità è affrontata in modo molto differente fra gli Stati.

Il Professor Philip Schlesinger ha suggerito quindi alcuni spunti al dibattito:

- è necessario ricalibrare il ruolo dei servizi pubblici della società: il campo è veramente complesso. Secondo Schlesinger ci troviamo in una nuova fase caratterizzata dal cosiddetto neoliberalismo. C’è ancora necessità di ripensare il ruolo dei servizi pubblici? Ci sono molte differenze fra Stato e Stato, ognuno è partito da un punto di vista diverso. Possiamo partire da un punto comune che è l’approccio illuministico del diritto comune all’informazione;
- c’è poi il problema del finanziamento. Viviamo nell’era della concorrenza e questo per i servizi pubblici è un grosso problema. Fino ad oggi l’approccio è stato guardare al passato, ma certo è un approccio sbagliato. Ed è quindi fondamentale tracciare linee e profili alla questione del finanziamento;
- non possiamo discutere il futuro dei servizi pubblici senza considerare il sistema in cui si è inseriti tanto più che in questo periodo si sta assistendo ad un drastico cammino verso la deregulation. Ed è appunto la deregolamentazione del privato e la regolamentazione del pubblico è quanto va discusso;
- bisogna ricordare infatti che la politica mediatica è plasmata da concentrazioni di potere: è quindi fondamentale evitare i condizionamenti politici.

Prima parte - IL QUADRO EUROPEO  Analisi dei compiti assegnati ai servizi pubblici

Il professor Enrique Bustamante, Università Complutense di Madrid, ha preso in esame le missioni attualmente assegnate ai servizi pubblici nei principali Paesi europei, partendo con il caso spagnolo dove coabitano un servizio pubblico statale con l'esperienza delle televisioni pubbliche delle Comunità Autonome regionali e di alcune emittenti pubbliche esistenti in ambito locale.
Secondo Bustamante la riforma del Servizio pubblico RTVE, intrapresa dal Governo spagnolo di Rodríguez Zapatero tra il 2005 e il 2007, ha significato un salto qualitativo. Sia in relazione all'autonomia editoriale rispetto al potere politico, sia per per quanto riguarda il suo risanamento finanziario e la definizione della mission della tv analogica e di quella digitale. Tuttavia in ambito regionale, la competenza esclusiva dei Governi autonomi ha determinato percorsi diversi. Non solo: l’importazione nel 2009 del modello Sarkozy con il divieto dal 2010 di finanziamento pubblicitario alla televisione pubblica, ha comportato requisiti e limitazioni rigorosi per il servizio pubblico statale in parallelo con una profonda deregolamentazione nel settore privato.
Il risultato è che il passaggio al digitale si è tradotto con un forte impoverimento del servizio pubblico da una parte, dall’altra con la crescita di due grandi gruppi privati, Telecinco e Antenna3TV che si avviano a costituire un duopolio nel mercato pubblicitario e un gruppo di reti secondarie private. In un’alleanza pericolosa dello Stato con le associazioni patronali europee dei mezzi di comunicazione. Il colmo è che i gruppi privati che hanno di fatto in mano il passaggio al digitale stanno praticamente chiedendo loro un sostegno pubblico alla Commissione Europea e al Governo Spagnolo. Fondamentale a questo punto è recuperare e rivalutare il ruolo del servizio pubblico.

Anche il Professor Pierre Musso, Università di Rennes, ha puntato l’attenzione sugli effetti della riforma approvata nel marzo 2009 da Sarkozy che ha soppresso la raccolta pubblicitaria di France Télévisions.
La sua analisi prende l’avvio da una disanima della storia della televisione francese, che mette in luce tre differenti visioni del pluralismo: mentre infatti dal 1950 al 1975 il pluralismo ha significato monopolio pubblico, dal 1975 al 1995 il pluralismo ha significato pluralità degli operatori, mentre dal 1995 al 2010 (in particolare con la legge del 9 marzo 2009) il pluralismo si è trasformato in concorrenza con una forte difesa dei gruppi editoriali privati e con una frammentazione audiovisiva che si è accentuata con l’introduzione della televisione digitale terrestre.
Da blocco monolitico dominante, la televisione francese evolve in direzione della sua totale frammentazione. Con due conseguenze paradossali: da una parte più si indebolisce il settore pubblico, più si rafforzano i suoi obblighi. Dall’altra più crescono la concorrenza, la digitalizzazione e l’audience, più si regolamenta il settore pubblico. Ha anche analizzato nel dettaglio la legge del marzo 2009 che ha introdotto tre riforme: in primis la nomina e la revoca del Presidente di France Télévisions da parte del Presidente della Repubblica; la creazione di una «Impresa unica» che trasforma le società nazionali di programmi France 2, France 3, France 4, France 5 e RFO in servizi appartenenti al gruppo France Télévisions; la soppressione progressiva della pubblicità.
Per rinnovare, quindi, la televisione pubblica occorre uscire da questi paradossi attraverso una regolazione del comparto audiovisivo nel suo insieme, tale da applicarsi sia al settore pubblico sia a quello privato.

È la volta del Prof. Matthew Hibberd, Vice Capo Dipartimento di studi su Cinema Media e Giornalismo Università di Stirling, ma anche nuova importante aggiunta al Gruppo Europeo di Torino. Il titolo del suo intervento è Tempi duri per la BBC? Certamente.
Il professor Hibberd ha ricordata come questo sia per la BBC un momento di revisione strategica, con significativi tagli del personale e revisione del piano aziendale. Esiste poi il problema dei contenuti. Un esempio per tutti la polemica nata in occasione delle intercettazioni telefoniche che hanno creato un grande tafferuglio nell’universo della comunicazione. Sta di fatto che il servizio pubblico è in una generale situazione di difficoltà.
Una domanda a questo punto è d’obbligo: dobbiamo o no preoccuparci dello stato delle cose? Certo perchè il servizio pubblico una risorsa importantissima. Anzi, possiamo dire che se non ci fosse avremmo probabilmente dovuto inventarlo. Le ragioni sono sia sostanziali che politiche. Questo perché le comunicazioni hanno un ruolo cruciale da un punto di vista di diritto democratico all’informazione così come ai contenuti. E questo comporta un’esigenza di ristrutturazione per quanto riguarda i media complessivamente intesi. Quanto al sistema attuale di finanziamento è probabilmente il meno peggiore e quindi va forse mantenuto tale fino a quando non se ne trovi uno migliore. Per la BBC così come per tutti i media attuali si sta attraversando un’era di austerità economica ma anche ideologica. È necessaria a questo punto reagire una reazione operativa. La realtà è che purtroppo i Media di Servizio pubblico hanno sviluppato un atteggiamento difensivo, invece dovrebbero avere un ruolo cruciale anche nel sostenere l’innovazione tecnologica ed economica.

Roberto Suarez Candel è quindi intervenuto al posto del professor Uwe Hasebrink. Nel corse del suo intervento ha svolto un’analisi approfondita del sistema televisivo tedesco e delle stato attuale del servizio pubblico di radiodiffusione. Presupposto generale della situazione in Germania è l’importanza data dalla costituzione tedesca ai valori della libertà pensiero come di quella di accesso all’informazione. Di qui l’esistenza di radiodiffusori di servizio pubblico, che mettono a disposizione l’offerta di un servizio universale, di base, variegato, pluralista e di qualità, è il prerequisito per lo sviluppo di canali commerciali privati. È altresì importante tenere in mente che in Germania ciascun Land è autonomo in materia di regolamentazione dei media, di assegnazione delle autorizzazioni a trasmettere per i radiodiffusori pubblici e privati e di legislazione. Esiste peraltro dal 1991 un Trattato inter-Laeder sulla Radiodiffusione (RStV) che fra le altre sostiene che i servizi pubblici di radiodiffusione dovrebbero fornire ai cittadini un’offerta che includa contenuti educativi e culturali, informazione, un confronto pubblico e intrattenimento. La posizione forte della radiodiffusione di servizio pubblico all’interno del sistema mediatico, tuttavia, è stata spesso occasione di conflitti e dibattiti. Gli operatori commerciali presenti sul mercato sono convinti che a causa del suo meccanismo di finanziamento, l’offerta dei broadcaster pubblici distorce la libera concorrenza. È recente l’acceso dibattito che ha dato vita ad un lungo, complesso e costoso processo normativo e burocratico. Il risultato finale è stato il varo di un procedimento di valutazione noto come ‘Dreistufentest’ (DST, Test in 3 punti), un test che dovrebbe valutare fino a che punto l’offerta sia conforme alle esigenze democratiche, sociali e culturali della società; ma anche in che misura una tale offerta contribuisca da un punto di vista qualitativo alla concorrenza editoriale; e quale impegno finanziario sia richiesto per implementare l’offerta stessa. Con tutta una serie di complesse conseguenze e altrettante polemiche sul suo funzionamento. Importante ricordare che assieme alla valutazione del servizio pubblico, una delle principali materie di dibattito è la modifica del suo meccanismo di finanziamento.

E’ intervenuta a questo punto la Professoressa Beata Klinkiewich che ha ovviamente parlato della Polonia e dell’Europa dell’Est. In particolare concentrandosi sull’offerta dei media di servizio pubblico. Ha ricordato come lo scorso anno l’implementazione del servizio mediatico pubblico sia stato fortemente criticato perché l’opinione pubblica ha letto in questa operazione di implementazione un rischio di deriva commerciale dell’offerta pubblica. Ad essere precisi, la Professoressa Klinkiewick ha voluto ricordare come il livello di qualità del servizio pubblico polacco sia molto elevato ed abbia dalla sua un elevato share. Obiettivo della legge approvata dal Governo nel 2009 è stato dare una mission molto precisa al servizio pubblico, con la precisa intenzione di limitare il ruolo esclusivo della televisione pubblica polacca, destinando a questo punto fondi pubblici anche ai broadcaster privati e destinandoli ovviamente alla realizzazione di contenuti di interesse pubblico. Fra le regole introdotte e le peculiarità richiesta ci sono innanzi tutto la richiesta di un prodotto di qualità; l’attenzione a gruppi di utenti prima totalmente trascurati; l’attenzione particolare, punto estremamente controverso, ai valori del cristianesimo. L’avvento dell’era crossmediale introduce ovviamente un’esigenza di rinnovamento radicale. Centrale la convinzione che un’alta qualità dei media costituisca una risorsa. Va altresì aggiunto che contenuti di servizio pubblico potrebbero avere un valore europeo e come tale diventare venire circuitare.
Un disegno di legge proprio del 2010 enfatizza il ruolo culturale dei media suggerendo peraltro un’indipendenza dei media dalla politica e raccomandando la creazione di regole precise per i media di servizio pubblico che debbano altresì essere soggetti ad un controllo molto ampio da parte degli addetti ai lavori. In definitiva, la televisione di servizio pubblico deve obbedire agli interessi del pubblico e non, ovviamente, a quelli della politica.
Per concludere la Professoressa Klinkievicz ha ricordato come fino ad oggi la relazione fra broadcaster e audience fosse dispari. In realtà, di recente, sono state proprio alcune emittenti radiofoniche sono state capaci, grazie anche alla grande diffusione che hanno sul web, a creare una migliore connessione con il pubblico.
In conclusione, per la Professoressa la domanda è se l’esigenza corrente sia di media di servizio pubblico o, piuttosto, di quei servizi che i media di servizio pubblico hanno fin’ora trascurato.

Il Professor Giuseppe Richeri è partito dall’analisi della situazione Svizzera dove, purtroppo, non esiste grande connessione fra le reti delle tre aree federali. Per quanto riguarda il finanziamento, le reti svizzere vivono sia di finanziamento pubblico che privato. Interessante considerare che la televisione pubblica, pur avendo uno share non elevatissimo, assorbe la quasi totalità della pubblicità nazionale. Meno opportunità hanno le revisioni commerciali che purtroppo vivono la forte concorrenza delle televisioni private transfrontaliere. In questo quadro è arrivata una nuova legge nel 2008 che ha portato una serie di novità comparabili che molto hanno in comune con l’evoluzione a cui sta andando incontro il resto dell’Europa: intanto anche le televisioni private fanno parte del servizio pubblico, per cui parte dei finanziamenti raccolti della televisione pubblica vanno ridistribuiti alle reti private. Con grande polemica e crisi ovviamente da parte delle reti pubbliche. Si è poi deciso di puntare l’attenzione sulla qualità delle trasmissioni, con inevitabile e corrispondente questione su come valutare questa qualità. Un problema di misurazione in via ancora di risoluzione. Per la prima volta, infine, la legge impone un’analisi regolare dei programmi radiofonici e televisivi.

La parola passa a questo punto a Michele Sorice il cui intervento è focalizzato sulla Complessità e coesione sociale. La missione dei media di servizio pubblico nell’era dei social network.
Per parlare del tema della coesione sociale, parte da una piccola disamina della storia italiana. In Italia abbiamo vissuto una serie di periodi. Nell’era fascista il servizio pubblico era ibrido: attori privati intervengono allora nel servizio pubblico; fortissima la dimensione pedagogica per la costruzione di un’identità nazionale. E l’elemento propagandistico. Nell’immediato dopoguerra il servizio pubblico in Italia si sia posto un obiettivo di costruzione della coesione sociale, coesione peraltro fondamentale in una società ancora priva di aggregazione. Gli ultimi anni hanno accentuato la necessità di un servizio pubblico capace di promuovere cultura, favorire l’aggregazione di identità multiple e accelerare processi di integrazione e coesione sociale. Senza dimenticare la primitiva funzione di stimolo all’istruzione. In quest’ottica diventa necessario considerare servizio pubblico non solo il sistema radiotelevisivo, ma anche la rete, passando così da una logica dell’accesso ad una della partecipazione. Facendo in modo che la sfera pubblica sia partecipativa e non solo emozionale. La coesione sociale passa attraverso l’uso consapevole di tutti i media da parte dei cittadini. In questa cornice, il servizio pubblico dovrebbe provare a svolgere un ruolo di intermediazione. L’adattamento dei contenuti alla nuova situazione deve essere una risposta non tecnologica ma sociale al cambiamento alla società stessa.
Il servizio pubblico non è sicuramente circoscrivibile al broadcasting. Deve anzi essere imprescindibile proprio perché non deve riguardare solo radio e televisione, ma piuttosto garantire l’accesso alla comunicazione. Il tema fondante è quello della relazione fra tre grandezze. Un tempo il servizio garantiva l’accesso ai programmi. La tappa successiva è stata quella di una maggiore interazione. Ora stiamo sperimentando la possibilità da parte degli utenti di partecipare alle dinamiche produttive. Il servizio pubblico non può fermarsi a questo, ma garantire un’interazione molto più radicale. Garantire ai cittadini di partecipare alle logiche democratiche intervennero nelle regole.
Il sogno sarebbe una coesione sociale e un mondo dei media che faccia dell’integrazione e della coesione dei valori l’elemento fondante.

Parte seconda - RIPROGETTARE L'IDENTITÀ DEI SERVIZI PUBBLICI IN EUROPA. La proposta di Infocivica al Gruppo Europeo di Torino

La seconda parte della mattinata si è aperta con l’intervento di Gerardo Mombelli, Presidente di Infocivica, il quale ha ricordato la nascita ieri sera delGruppo Europeo di Torino che si è concretizzato nella promulgazione di una lettera indirizzata a Barroso, Presidente della Commissione Europea. 
A livello personale Mombelli ha voluto sottolineare che la realtà politica dei nostri paesi e dell’Unione Europea sono più complesse di quanto non si sia detto. Una parte dei problemi che si hanno nei temi di cui parliamo attiene alla cooperazione intergovernativa. Inoltre, la sfida che abbiamo davanti consiste nel tentativo di superare l’alternativa secca che è quella da un lato di immaginare un percorso di scambi senza idee propositive; dall’altro quello di una strada che consiste in un pacchetto di proposte concrete e perfettamente strutturato. Il percorso che vorrebbe proporre Infocivica è una sorta di terza via, come tale certo complessa: che prevede uno sforzo descrittivo dell’intera realtà di tutti i media presenti nei nostri Paesi; e in secondo luogo l’elaborazione di considerazioni politiche generali sul ruolo del servizio pubblico con indicazione di alcune possibili linee guide a livello europeo.

Manlio Cammarata, direttore InterLex e socio di Infocivica, entra nel merito della discussione in Europa e del quadro normativo attuale.Manlio Cammarata ha ricordato come il mondo dei media e quella parte del mondo dei media che conosciamo come “servizio pubblico radiotelevisivo”sta cambiando e non è più fatto solo di radio e televisione, ma anche di internet e con i primi esperimenti di servizi innovativi. Non a caso non parliamo più di “televisione”, ma di “media crossmediali”. Tuttavia parlare di servizio pubblico televisivo o anche cross mediale in ambito europeo è particolarmente difficoltoso: innanzi tutto per la grande differenza di impostazioni fra gli Stati Europei; in seconda battuta per l’insufficente azione normativa delle istituzioni comunitarie. Nel ripercorrere, infatti l’evolversi della normativa europea dai timidi passi del 1989 al protocollo di Amsterdam che si è concentrato sui temi spinosi del finanziamento alle emittenti di servizio pubblico, Cammarata ha ricordato il 2007 con la direttiva della “Televisione senza Frontiere” in un contesto completamente cambiato delle telecomunicazioni: la normativa a questo punto introduce la visione dei “servizi di media audiovisivi”, che nel titolo e in parte del testo sostituiscono il termine “televisione”. Purtroppo andando a leggere i passaggi della normativa, la logica è ancora quella televisiva. A cui si aggiunge la difficoltà della distinzione fra servizi lineari e non lineari che purtroppo tendono ad oggi a sovrapporsi. 
Contemporaneamente l’Italia vive dal dopoguerra ad oggi il balletto del controllo sulla televisione da parte del Governo. E mentre nel 2004 la legge Gasparri prevedeva la privatizzazione (mai avviata) della Rai e, nella fase transitoria, il ritorno del controllo del servizio pubblico nelle mani del Governo; l’assimilazione della direttiva europea, con il passaggio formale dalla “televisione” ai “servizi di media audiovisivi”, diventava l’occasione per stringere il controllo sull’internet, applicando ai servizi televisivi in rete regole simili a quelle della televisione tradizionale, con un aggiunta di oneri soffocanti ad operatori che non possono permetterseli. Allontanando definitivamente però il nostro Paese da una visione europea del servizio pubblico.

Bruno Somalvico, Segretario Infocivica, interviene ricordando il lavoro sotterraneo di chi sta mettendo in rete i contenuti che mano a mano si stano sviluppando nel corso del convegno, ha ricordato che questa è una strada per una più ampia condivisione seminariale. Scendendo più nel vivo del suo intervento, ricorda il declino della televisione generalista, l’inizio della frammentazione delle platee televisive e il ruolo crescente del telespettatore nella costruzione delle proprie diete mediatiche. Cambiano le componenti del sistema con la messa in discussione dei modelli tradizionali e l’entrata di nuovi operatori nel mercato. Sorgono nuove piattaforme ibride destinate a traghettare la radio e la televisione dalla radiodiffusione circolare (broadcasting) verso le nuove reti a larga banda (broadband). Viviamo ormai una nuova fase in cui il futuro della radiofonia e della televisione è legato al mondo della Rete. E la frammentazione degli ascolti e la moltiplicazione delle offerte accelerano la fine della centralità della televisione generalista e della comunicazione di massa, degli utenti e soprattutto nuove forme di coesione sociale e di creazione di un “sensus communis”.
In questo contesto Somalvico è convinto che i servizi pubblici possono ritrovare una prerogativa importante se non decisiva in questa fase di coabitazione ibrida fra media lineari e nuovi media partecipativi, contribuendo in maniera decisiva al superamento di una società atomizzata e frammentata come quella attuale. Proprio per questo la Rai del Terzo Millennio - alla vigilia della scadenza della sua Convenzione con lo Stato Italiano in scadenza nel 2015 - deve ritrovare lo spirito riformatore della stagione dei congressi all’inizio degli anni Settanta. Fondamentale momento per catalizzare una riflessione potrebbe essere senz’altro il Centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Capire il nuovo scenario della comunicazione crossmediale significa tornare a restituire alla politica e alle istituzioni pubbliche uno scettro di responsabilità nelle scelte di fondo per favorire nella nuova società dell’informazione e della conoscenza pari condizioni a tutti i cittadini sia nell’accesso all’informazione sia nella loro possibilità di esprimersi liberamente e di condividere informazioni e messaggi senza condizionamenti nel rispetto delle regole di una moderna convivenza civile.

DIBATTITO E REPLICHE DEI RELATORI

Prima delle repliche è intervenuto con un breve saluto Italo Moscati il quale, domenica 19 settembre al Teatro Carignano nell’ambito del Prix Italia, ha presentato il suo documentario Concerto Italiano basato sul materiale d’archivio che ricostruisce 150 anni di storia italiana attraverso il materiale delle teche. Italo Moscati ha sottolineato l’importanza esercitata dal servizio pubblico nell’era crossmediale puntando l’attenzione sul preziosissimo valore delle teche della televisione pubblica, patrimonio straordinario per la ricostruzione della Storia d’Italia.

E' seguito l'intervento di Emilio D’Orazio, direttore di Politeia. Un po’ da filosofo D’Orazio, riagganciandosi al rapporto del professor Michele Sorice, chiede - e si chiede - se un tema così importante come la missione del servizio pubblico, non implichi la risposta a domande più radicali che stanno a monte e che appartengono alla filosofia politica: qual è innanzi tutto il contratto sociale che sta alla base e che ci permette realmente di capire che cosa voglia dire fare servizio pubblico in questo momento storico. Tanto più che tutti i relatori hanno introdotto nei loro interventi il concetto di valore: capire quali siano i valori che conducono una disamina dei fatti e che, di converso, portano ad una valutazione degli obiettivi, è un dato fondamentale. Ultima cosa, sottolinea come sia determinante il rilievo che i convenuti hanno dato alla compartecipazione dei soggetti coinvolti nella questione, che D’Orazio per brevità chiama stakeholder e che sono gli utenti come le Istituzioni: tutti chiamati a partecipare per raggiungere obiettivi di comune interesse. Quello che non condivide dell’approccio, per esempio di Sorice, che sia un sogno: non è un obiettivo assolutamente impossibile. Il modello che si va a proporre è ovviamente prescrittivi, ma per nulla utopico.

Seguono quindi le repliche dei rappresentanti del Gruppo Europeo di Torino:

Enrique Bustamante Ramirez legge un filo conduttore in tutti i paesi che sono di cui si è trattato a vario titolo nel corso del seminario. Il problema della qualità dei contenuti, così come quello dell’accesso alle nuove infrastrutture di rete e dell’innovazione tecnologica sono problemi comuni. Invita pertanto ad essere critici nei confronti delle Direttive della Commissione Europea. Soprattutto nei confronti di quelle sollecitate dall’intervento di lobby private e che stanno accanendosi contro il servizio pubblico contribuendo ad appesantirlo con norme e limiti soffocanti. Ed ha sottolineato che è necessario quanto mai sviluppare politiche tese a facilitare la soddisfazione delle richieste del pubblico che usufruisce dei media.
Francisco Rui Càdima: ha ricordato come sia fondamentale far collaborare tutti i membri del Gruppo Europeo di Torino come un network in rete. Con contatti regolari via internet. Ogni membro dovrebbe mandare regolarmente informazioni, studi, rapporti su quello che succede in ogni paese, allegando decreti, normative, delbere e tutti i documenti ritenuti utili. Ma anche piccole relazioni per sintetizzare la situazione. A questo proposito propone di aprire un Forum sul sito di Infocivica. Un vero e proprio osservatorio della Televisione Pubblica Europea.
Matthew Hibberd: intende aggiungere due piccoli commenti. Innanzi tutto riferendosi al titolo del seminario: ritiene sia fondamentale che l’attenzione sia rivolta soprattutto al contesto sociale. Per riplasmare qualsiasi media di servizio pubblico è essenziale comprendere come la società cambi e come riplasmi se stessa. La grande possibilità di interazione fra fruitori ed emittenti è una forma di democratizzazione a cui inevitabilmente stiamo assistendo.
Beata Klimkiewicz: per rispondere alla domanda su quale sia la missione della dei media di servizio pubblico nell’era della crossmedialità, è necessario considerare il loro valore rivalutandoli rispetto a quanto sta avvenendo a livello sociale e non solo dell’evoluzione delle modalità tecnologiche nell’era dei media. Dalla frammentazione sociale all’evoluzione tecnologica. Dovremmo anche chiederci se i cambiamenti tecnologici e le nuove sfide economiche rendano differente l’accesso ai nuovi media, come sembra. Probabilmente varrebbe la pena prendere in considerazione altre prospettive: di paesi non europei. Fra tutti ricorda Paesi che hanno media di servizio pubblico molto forti come l’Australia, il Giappone, il Canada, South Africa, India, Cile.
Pierre Musso: da trent’anni viviamo una deregulation, bisogna quindi pensare ad una nuova radicale regolamentazione della mission di servizio pubblico. Abbiamo perso il senso della sua missione anche perché nel corso degli ultimi trent’anni la situazione è cambiata radicalmente. La televisione non è scomparsa. Dobbiamo pensare non in termine di sostituzione dei media, ma di evoluzione. A questo punto, l’Europa dovrebbe produrre programmi di spessore su qualsiasi piattaforma. E fondamentali diventano le questioni dell’accesso non discriminatorio e della formazione degli utenti.
Giuseppe Richeri: se vogliamo portare risultati innovativi dobbiamo sforzarci di superare l’idea di televisione pubblica che ha dominato finora. Non in senso pedagogico, ovviamente. Da tempo è stata superata l’idea che la televisione debba in qualche modo avere un ruolo formativo. È anche rischioso pensare che sia necessario il peso che il broadcasting pubblico ha avuto fin’ora nella rete, che è realtà totalmente differente. Infine, gli economisti ci offrono un concetto per noi funzionale, quello del fallimento del mercato: l’intervento pubblico è legittimo e rilevante laddove il mercato fallisce, dove cioè il mercato non riesce a fornire cose che siano considerate di rilevante interesse collettivo. Noi nei confronti dei media siamo di fronte ad una situazione di questo tipo perché i media privati non sono in grado di fornire, da soli, servizi, prodotti, contenuti di rilevante interesse collettivo. In questo senso l’interesse pubblico diventa fondamentale, anche se deve essere circoscritto all’attavità di integrazione di quanto il mercato non è in grado di offrire. Dovremmo entrare, pertanto, in una logica diversa: cercare di formare un servizio pubblico che fornisca e garantisca l’accesso a contenuti di interesse collettivo che il privato non è in grado di fornire. Non quindi un servizio pubblico che costruisca un palinsesto con una logica da media privato. Per questo la pubblicità non deve essere così determinante nel finanziamento della televisione pubblica, perché la logica pubblicitaria va ovviamente in una linea differente.
Roberto Suarez Candel: i valori, in effetti, che stanno dietro le scelte di ogni paese sono la ragione della diversità fra i nostri paesi. Ed è proprio questo che spesso è difficile importare da un altro Paese soluzioni adottate in merito, appunto, alle questioni finora enunciate. La realtà, oltretutto, è che noi ci stiamo ponendo una serie di questioni, di domande, ma purtroppo da parte loro i broadcaster sembrano non farlo per nulla. Anche perché i media di servizio pubblico in questo momento sono in realtà molto condizionati da interessi privati e come tali sono lontani da una ansia di regolamentazione e deontologia. La domanda è fino a che punto dobbiamo contribuire a questo dibattito o modificarlo. Il problema è proprio essere ascoltati. Allora perché non parlare direttamente alle emittenti e coinvolgerle, fare loro domande precise? Da una parte. E dall’altra rivolgersi direttamente al pubblico per renderlo consapevole sullo stato delle arti.
Michele Sorice: esiste una linea di pensiero secondo il quale esiste una trasformazione nella sfera pubblica in uno spazio pubblico mediatizzato. Se partiamo da questo punto di vista, dobbiamo ragionare di mass media e di personal media all’interno di una prospettiva che qualche tempo fa ci faceva considerare alcuni bene come esenti dal controllo delle regole mercantili: salute, acqua, istruzione. Purtroppo da qualche anno abbiamo sottoposto alle regole del mercato beni che non pensavamo contrattualizzabili come ad esempio proprio l’acqua. Questa trasformazione investe anche altri ambiti. La comunicazione nello spazio pubblico mediatizzato delle società contemporanee è un bene essenziale perché senza la comunicazione non esistono aggregati sociali e quindi non esistono possbilità di convivenza umana. Da qui la centralità del servizio pubblico non più come insieme di programmi e di contenuti legati alla televisione, ma come accesso alle forme della comunicazione. Ciò che rende tutto tanto complesso è che a monte del dibattito sul servizio pubblico c’è il dibattito sulla società e sulla società del futuro dopo il crollo dei sistemi comunisti e liberisti.
Philip Schesinger: pensando al futuro delle telecomunicazioni di servizio pubblico è vero che tutti sono coinvolti, ma pochi hanno modo di intervenire nel dibattito. Questo perché la partecipazione dei singoli alla costruzione dei nuovi media è diventata complessa. Nel tentativo di cambiare la natura del dibattito a livello europeo bisogna essere consapevoli della difficoltà di avere un’influenza reale e operativa. C’è però una possibilità di fare qualcosa di nuovo. Dobbiamo essere realisti e consapevoli. Tutti sono d’accordo sul fatto che la comunicazione deve essere un fattore democratico, al di là delle differenze fra i singoli paesi. Dinanzi ad una situazione sempre più complessa, abbiamo messo insieme i pezzi del puzzle, ma non abbiamo ancora il quadro globale. C’è una tendenza generale a un oligopolio nel mondo delle comunicazioni.

Prima delle conclusioni prende la parola Robert Castrucci: l'incontro di oggi - dice il rappresentante della Fondazione Ugo Bordoni, che ha partecipato al seminario a nome del Presidente Enrico Manca - rappresenta un prezioso pensatoio che va preservato e alimentato. Un terreno su cui anche la Fondazione Bordoni può collaborare per intessere una serie di relazioni da mettere in moto per portare avanti il progetto.

CONCLUSIONI

Le conclusioni di questo primo seminario La trasformazione della società, la domanda e la nuova missione dei media di servizio pubblico nella società dell'informazione e della conoscenza sono affidate ad Antonio Preziosi, Direttore responsabile GRR Giornale Radio Rai.

Antonio Preziosi precisa che, quelle che intende fare, non sono conclusioni, quanto più che altro riflessioni. Vuole proporre a questo punto un ruolo della radio che può essere funzionale a questo meccanismo di sviluppo.  Si parla della radio come vecchia: tutti avevano pensato fosse destinata ad essere superata dalla televisione e dal web. In realtà la radio è tutt'altro che vecchia. Non esiste nell'informazione il rischio di una Babele, al di là delle difficoltà di armonizzazione. Esiste in realtà già una sorta di network di pensiero fra i colleghi giornalisti europei. È importante promuovere questa rete spontanea. Alle regole sull'accesso vanno certo affiancate regole sulla qualità e questa senz'altro è e dev'essere la vocazione delle reti di servizio pubblico. investire in cultura è il modo migliore per costruire un paese.Ha poi ricordato la grande attenzione che la radiofonia e, in particolare, la rete di cui si occupa, ha da parte del pubblico. Riportare al centro dell'informazione europea la radio è un'importante sfida.
Una testata radiofonica europea. Il direttore Antonio Preziosi avanza infine la proposta di una testata radiofonica di respiro europeo che potrebbe avvalersi della collaborazione di tutte le testate continentali. Questa potrebbe raccontare la storia e l'attualità dei ventisette Paesi dell'Unione Europea. Questa la sfida che lancia alla platea.

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